Roma (NEV), 14 marzo 2013 – Riproduciamo un articolo del valdese Paolo Naso scritto per il periodico argentino “Tiempo Argentino”.
Sorpresa e speranza. Sono queste le emozioni di gran parte dell’opinione pubblica italiana, non solo cattolica, per l’elezione di papa Francesco.
Un gesuita anomalo, che al rigore degli esercizi spirituali di Ignazio da Loyola aggiunge la spiritualità mite di Francesco d’Assisi.
Da osservatore protestante italiano mi hanno colpito tre aspetti del suo esordio a piazza San Pietro che, se confermati, avranno importanti ripercussioni nella comunità cristiana. Il papa eletto si è ripetutamente definito “vescovo di Roma” e non ha mai usato la parola “pontefice”: una scelta di umiltà. ma anche un chiaro messaggio ecumenico ai cristiani non cattolici che possono arrivare a considerare il papa come pastore di una particolarissima diocesi quale è Roma ma che, da secoli, contestano il potere spirituale e politico attribuito al “pontefice”.
Presentandosi al “popolo” Francesco ha parlato del papato come di un ministero di servizio “nella carità” a tutte le chiese: un altro messaggio ecumenico che sembra voler riaprire una strada che, negli anni del papato di Ratzinger, era sembrata eccezionalmente stretta e tortuosa.
Ma il gesto più forte è stato quello, prima di impartire la benedizione urbi et orbi, di chiedere la preghiera del popolo di Dio per il nuovo papa, ovvero per se stesso. Un esordio, insomma, all’insegna dell’umiltà e di un rapporto stretto e diretto tra il pastore e il gregge.
Poco o nulla delusa dall’elezione di un papa non italiano, la folla di San Pietro ha reagito con entusiasmo al saluto del papa, ansiosa di gettare alle proprie spalle le ombre dei giochi di potere che hanno portato alle dimissioni di Benedetto XVI. Ma ora inizia il cammino più difficile. La riforma della Curia, il peso degli scandali dello IOR, il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso, le sfide di un’etica cattolica che non sia solo una sequela di ‘no’: ecco i temi più urgenti dell’agenda papale. Scegliendo di chiamarsi Francesco, papa Bergoglio si è assunto la grande responsabilità di far risplendere quella croce che porta al collo che però, diversamente da quella dei suoi predecessori, non è d’oro ma di ferro.