Clima. L’accordo della COP21 è un segnale di speranza

La valutazione insieme positiva e realista degli organismi ecumenici internazionali

Roma (NEV), 16 dicembre 2015 – Un significativo segnale di speranza che impegna i cristiani a mobilitarsi ancora di più. Si può sintetizzare così la valutazione degli organismi ecumenici internazionali sull’accordo sottoscritto a Parigi da 195 nazioni al termine della Conferenza ONU sul cambiamento climatico (COP21). Un giudizio in cui elementi di ottimismo e di realismo sono ben bilanciati.

L’accordo “più significativo della storia” è stato definito dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC); salutato dal pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del CEC, con un messaggio Twitter: “L’accordo di Parigi è una realtà. Abbiamo il diritto di sperare! Grazie a Dio! E grazie a tutti coloro che hanno compiuto passi verso la giustizia climatica”. Tra questi ultimi, vanno certamente annoverati gli oltre 100 operatori del CEC, della Federazione luterana mondiale e di Action by Churches Together (ACT) Alliance che a Parigi hanno lavorato accanto a moltissimi altri esponenti di chiese e comunità religiose dando un importante contributo al processo dei negoziati. Dell’accordo, un comunicato stampa del CEC, sottolinea la volontà di rimanere ben al di sotto i 2° centigradi di aumento della temperatura globale e di fare ogni sforzo per attestarsi su 1,5°; gli investimenti per una tecnologia sostenibile; gli aiuti alle nazioni più colpite dal cambiamento climatico. “Ora però, dobbiamo fare in modo che le nazioni facciano veramente la loro parte, e facciano anche di più di quel che è stato deciso a Parigi”, ha dichiarato Tveit all’agenzia stampa NEV (vedi l’intervista in questo numero). L’accordo di Parigi, infatti, non basta da solo a garantire un mondo più sicuro, ma richiede una mobilitazione costante affinché nella sua verifica quinquennale gli obbiettivi vengano di volta in volta aumentati.

Un concetto molto ben espresso da Yeb Sano, l’attivista filippino per la giustizia climatica che ha ispirato il “People’s Pilgrimage” (vedi NEV 40/2015) in un suo messaggio Twitter: “Non abbiamo camminato semplicemente per raggiungere Parigi, ma per andare oltre Parigi. Il viaggio continua!”.

Simili considerazioni vengono dalla Conferenza delle chiese europee (KEK). “Salutiamo questo accordo come un segnale di speranza”, ha dichiarato il segretario della KEK, pastore Guy Liagre, sottolineando come la relazione tra la giustizia economica e la giustizia climatica sia da sempre stato un elemento qualificante l’azione della KEK. “Una risposta efficace al cambiamento climatico metterà in discussione molte delle abitudini di vita delle società industrializzate”, ha ricordato Peter Pavlovic, segretario della Rete cristiana europea per l’ambiente (ECEN), sostenendo la necessità di un cambiamento di stile di vita da parte di ognuno.“La giustizia climatica sembra essere entrata nelle agende” dei governi, afferma, infine, un documento di analisi dell’accordo redatto dalla Commissione Globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI. Tuttavia, prosegue il testo, “non c’è garanzia del raggiungimento degli obiettivi definiti a Parigi. Siamo nelle nostre mani. Occorre vigilare ed operare, ciascuno/a con coerenza con questo obiettivo”.