Al Summit umanitario presenti anche le organizzazioni di ispirazione religiosa

Roma (NEV), 25 maggio 2016 – Costruire un sistema condiviso per rispondere in modo efficace alle emergenze umanitarie e ridurre le cause all’origine delle crisi: questo è stato lo scopo del primo Summit mondiale umanitario (World Humanitarian Summit) svoltosi a Istanbul (Turchia) il 23 e 24 maggio, e che ha visto la partecipazione di 5000 persone tra capi di Stato e di governo, leader di organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile. Con il motto #ShareHumanity (condividi umanità), è stata un’occasione per scambiare esperienze e buone pratiche, ma anche trovare delle soluzioni al problema degli insufficienti fondi per fare fronte alle sempre più frequenti situazioni di conflitto armato e di disastro ambientale.

Al summit non potevano mancare le numerose agenzie umanitarie di ispirazione religiosa. Il ruolo delle comunità di fede dell’affrontare e alleviare le crisi umanitarie è stato infatti al centro di un evento a latere svoltosi la mattina del 23 maggio: tutti d’accordo nel dire che nei soccorsi i primi ad arrivare sui luoghi, ma anche gli ultimi a lasciarli, sono molto spesso proprio le comunità di fede – un messaggio rilanciato anche sui social media con l’#FaithWHS.

Presente a Istanbul, tra gli altri, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), pastore Olav Fykse Tveit, il segretario generale di ACTAlliance John Nduna, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, partner della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e della Tavola valdese nel progetto-pilota dei “corridoi umanitari”, unico in Europa, e grazie al quale sono giunti in Italia in modo sicuro e legale già 200 profughi dal Libano. A citare i “corridoi umanitari” nel suo intervento sul contributo dell’Italia alle emergenze umanitarie, anche il viceministro degli Esteri Mario Giro, che ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento della società civile anche nell’integrazione dei migranti. Per parte sua, il pastore Tveit in un tweet ha condannato la vendita di armi, “funzionali all’arricchimento di pochi e generatrice di sofferenze per molti”.

Tutti i partecipanti al summit sono stati invitati dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ad impegni in cinque aree: “Prevenzione e risoluzione dei conflitti”; “rafforzare la protezione dei civili, mai come oggi sotto attacco”; “non lasciare nessuno indietro, che è la base degli Obiettivi di sviluppo del millennio 2030”; “trovare soluzioni ai bisogni umanitari” anche “collaborando maggiormente tra organizzazioni umanitarie”; “investire in umanità” ossia destinare risorse dirette alle popolazioni locali per creare società più inclusive.