Morti in mare. Il presidente FCEI: l’Europa valuti l’esperienza dei corridoi umanitari

Roma (NEV), 9 novembre 2016 – Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Luca Maria Negro, lo scorso 3 novembre con un comunicato stampa ha lanciato un appello “alle chiese e alle istituzioni europee perché valutino l’esperienza italiana dei corridoi umanitari e l’adottino come buona pratica a difesa di fondamentali principi di umanità”. Nel giorno in cui si è consumata l’ennesima tragedia nel Canale di Sicilia il pastore Negro ha affermato: “L’anima dell’Europa muore nel Mediterraneo, di fronte ai nuovi morti che siamo costretti a contare anche oggi: uomini, donne e bambini inghiottiti dal mare e da politiche migratorie incapaci di comprendere quello che sta accadendo in vaste aree del Nord Africa e del Medio Oriente”. Al momento dello sbarco sul molo Favaloro di Lampedusa, dove sono arrivati i superstiti dei naufragi, presenti anche gli operatori del progetto FCEI “Mediterranean Hope”: “Le persone arrivate a Lampedusa insieme a 12 corpi senza vita ci sono parse in maggioranza della Guinea. Tra di loro una persona gravemente ustionata è stata trasferita d’urgenza al poliambulatorio. Ancora una volta a Lampedusa si contano i morti e si fatica a consolare chi sopravvive”.

“Di fronte a questa strage che dura da anni, l’Europa si chiude a riccio – ha proseguito il presidente Negro – negando vie sicure di accesso e protezione a profughi e richiedenti asilo, e così tradendo la sua tradizione in materia di diritti umani. Ed ogni volta sentiamo frasi di circostanza che, di fronte ai muri e alle politiche di chiusura, appaiono ipocrite. Lo diciamo con grande tristezza perché proprio in questi giorni, grazie ai corridoi umanitari che la FCEI sta realizzando insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Tavola valdese, sulla base di un protocollo con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri, stiamo dimostrando che un’altra strada è possibile e sostenibile. Per questo come evangelici italiani, insieme a tanti cattolici con i quali collaboriamo ogni giorno per promuovere accoglienza e integrazione, rinnoviamo il nostro appello alle chiese e alle istituzioni europee perché valutino l’esperienza italiana dei corridoi umanitari e l’adottino come buona pratica a difesa di fondamentali principi di umanità e di tutela del prossimo che bussa alla nostra porta”.