A Washington una marcia per Standing Rock

Continua la mobilitazione dei nativi americani e dei loro sostenitori contro il passaggio dell’oleodotto della Energy Transfer nella località del Nord Dakota. Una manifestazione davanti alla Casa Bianca: “non ci lasceremo calpestare”

Roma (NEV), 14 marzo 2017 – Migliaia di persone hanno partecipato lo scorso 10 marzo a Washington alla marcia in difesa di Standing Rock, la località del Nord Dakota che verrà attraversata da un oleodotto che rischia di limitare le riserve idriche della zona, inquinare le acque del fiume Missouri e profanare un territorio sacro alle nazioni Sioux, Arikara, Mandan e Cheyenne settentrionale.

Solo lo scorso dicembre la tribù Sioux di Standing Rock e i suoi sostenitori, tra cui numerosissimi esponenti religiosi di ogni fede, potevano cantare vittoria per la decisione dell’amministrazione Obama che aveva imposto alla texana Energy Transfer di individuare un percorso alternativo per il loro Dakota Access Pipeline (DAPL), l’oleodotto di 1172 miglia che collegherà i giacimenti petroliferi dal Nord Dakota all’Illinois. Un decreto esecutivo del presidente Trump e il mutato parere – questa volta positivo mentre con Obama era stato negativo – del Genio militare hanno completamente ribaltato la situazione.

A guidare la marcia, evento culmine di quattro giorni di protesta, c’era la tribù di Standing Rock, insieme ad attivisti, rappresentanti di associazioni e di comunità di fede giunti a Washington dall’Arizona, dal Nuovo Mexico, dall’Illinois, da New York, come pure dai due stati del Dakota. Un corteo vario e colorato che ha fatto tappa al Trump International Hotel e si è concluso davanti alla Casa Bianca. Tra le molte denominazioni cristiane presenti, spiccava la delegazione della Chiesa episcopaliana degli Stati Uniti, da sempre in prima fila nella difesa di Standing Rock. “Ieri sera abbiamo pregato – ha dichiarato Michael Smith, vescovo episcopaliano del Nord Dakota, riferendosi alla riunione di preghiera tenutasi alla National Cathedral di Washington la vigilia della marcia -. Oggi agiamo. E così torneremo a fare domani, e il giorno dopo e il giorno dopo ancora”. “E’ importante essere qui, oggi, in prima fila a guidare una marcia per la difesa dei diritti delle popolazioni native”, ha aggiunto la pastora anglicana Phyllis Manoogian, giunta da Managua (Guatemala) dove lavora con le donne indigene.

Questo invece il commento di LeeAnn Eastman della riserva indiana di Lake Traverse in Sud Dakota: “Non credo oggi il presidente Trump fosse alle finestre della Casa Bianca ad osservare la nostra protesta. Tuttavia faremo tutto ciò che ci è possibile, pacificamente e in spirito di preghiera, per non farci calpestare in questo modo e per difendere la nostra acqua”.