Francia. I protestanti ribadiscono il loro “no” a Marine Le Pen

Roma (NEV), 28 aprile 2017 – In vista del secondo turno delle presidenziali i protestanti francesi hanno ribadito il loro “no” al Front National (FN). E’ quanto si evince da un comunicato stampa diffuso dalla Federazione protestante di Francia (FPF). Non è una novità: dall’inizio della campagna elettorale è stata forse la confessione religiosa del paese che più di altre si è schierata sin da subito contro la candidata all’Eliseo Marine Le Pen, definendo le sue posizioni politiche quali “divisorie”, “generatrici di odio” e “irresponsabili”.

Non nega, la FPF, che la situazione creatasi dopo il primo turno lasci molti insoddisfatti. Tuttavia, dovesse spuntarla la candidata del FN, le battaglie della FPF “a favore della libertà religiosa, dell’accoglienza per i rifugiati, delle opere per i più vulnerabili, dell’impegno ambientale, e in generale della promozione della fratellanza in una società che necessità di coesione”, verrebbero fortemente intralciate. Scongiurando il “pericolo dell’astensione”, il comunicato si conclude con l’invito ai cittadini di recarsi alle urne.

Il pastore François Clavairoly, presidente della FPF, dalle colonne del settimanale Réforme, chiede ai protestanti di Francia di essere vigili: “Sappiamo che il partito di Marine Le Pen è strutturato in modo verticale, e che non ammette il dibattito. E’ una ragione in più per diffidare come della peste di questo partito politico e di questa candidata”. In riferimento a Emmanuel Macron, candidato di “En marche”, Clavairoly ricorda che egli non è ignorante di questioni religiose, tant’è che è stato assistente del filosofo Paul Ricœur, “uno dei nostri migliori pensatori protestanti”.

Questa settimana Réforme apre con un editoriale a firma del teologo Antoine Nouis dal titolo: “Perché mi fa paura il Front National?”. Due le ragioni apposte: la prima, “perché mi fa paura lo spirito di odio e rigetto” espresso da Le Pen; e la seconda: perché il programma economico del FN non è convincente. Anzi, non farà altro che generare divisioni e violenza, con un forte rischio di radicalizzazione: “Un rischio che vogliamo correre?”, si chiede concludendo Nouis.