La normale e straordinaria esperienza della condivisione

di Nora Dannenmann, volontaria di Mediterranean Hope presso la Casa delle Culture di Scicli

Roma (NEV), 7 giugno 2017 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “lo sguardo” proviene dalla Casa delle Culture di Scicli. Aperta nel dicembre del 2014, la struttura offre ospitalità a migranti in condizione di particolare vulnerabilità (giovani mamme, donne incinte, minori non accompagnati). Oltre alle attività d’accoglienza, orientamento e formazione, la Casa promuove programmi sociali e interculturali aperti alla popolazione locale, con lo scopo di promuovere una cultura dell’integrazione.

 “Una festa! C’è festa oggi, F E S T A!”. Vedo una faccia che sorride e mi guarda per farmi capire, con tanti gesti, cosa succederà oggi. Ma la parola “festa” l’ho capita anche quando non parlavo l’italiano, all’inizio della mia esperienza alla Casa delle Culture di Scicli.

Nove mesi fa sono arrivata dalla Germania e ho iniziato il mio volontariato alla Casa delle Culture. Una settimana dopo il mio arrivo c’è stata una festa. Quel giorno lo ricordo benissimo, e ne rimasi impressionata. Tutti insieme, ragazzi, operatori, volontari e alcuni amici della Casa, ci siamo mossi in direzione della casa in campagna di Giovannella Scifo, responsabile della struttura che mi stava accogliendo. Dopo una grigliata, abbiamo suonato i tamburi e la chitarra, abbiamo ballato insieme, abbiamo parlato. È stata una giornata bellissima. È stata l’occasione per parlare con tante persone, per conoscere e farmi conoscere. Alla fine di quella giornata, mi sono sentita davvero arrivata in Sicilia.

Un mese fa, per festeggiare il primo maggio, siamo tornati di nuovo a casa di Giovannella. E, di nuovo, abbiamo mangiato, suonato, ballato e parlato. Però per me, questa volta, è stato molto diverso. Non solo perché tanti ospiti della Casa delle Culture, nel frattempo, sono andati via e tanti altri sono arrivati, ma perché in questi mesi sono cambiata io. Il lavoro con i ragazzi e il rapporto con i miei colleghi mi hanno dato la possibilità di imparare tantissimo. Per prima cosa, la lingua, anche se ancora non la conosco perfettamente. Ho imparato molte cose, che hanno cambiato la mia personalità: sono diventata più sicura, più indipendente, più competente e, anche se ho solo diciannove anni, più adulta.

Il lavoro qui alla Casa delle Culture mi sta aiutando a pianificare i miei progetti e ad avere un’idea più chiara su quello che sarà il mio futuro. Sono stata molto felice in questi mesi. Ci sono stati momenti bellissimi, feste, compleanni, la nascita di Kevin, ma anche momenti tristi, storie disperate, emergenze mediche e lutti che hanno colpito gli affetti più cari dei nostri ragazzi. Non voglio dimenticare nulla. Tutto quello che ho vissuto mi ha consentito di crescere. Questa esperienza a Scicli, con tutto ciò che ho avuto la possibilità di vivere, le amicizie, i momenti di felicità o tristezza, tutto ha contribuito a farne un momento indimenticabile della mia vita.

Voglio dire grazie alle persone che ho incontrato. Mancano tre mesi alla fine della mia esperienza, tre mesi in cui ci saranno da condividere altri momenti intensi ed importanti. Insomma… la normale e straordinaria vita di Casa delle Culture.