Roma (NEV), 7 settembre 2017 – Il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’AIDS (UNAIDS) sono i promotori di una consultazione in corso in questi giorni a Kampala (Uganda) sul tema “Aderenza ai trattamenti medici dell’HIV e guarigione per fede”. Scopo dell’incontro è sviluppare strategie che vedano comunità di fede e società civile collaborare nella diffusione delle terapie mediche in contrasto al fenomeno della “guarigione per fede soltanto”.
In Africa questa teoria sta avendo un impatto negativo sull’aderenza alle terapie mediche da parte dei pazienti: essa infatti sostiene che la guarigione da ogni malattia, HIV compreso, può venire solo dalla fede, inducendo così le persone malate ad abbandonare l’assunzione di farmaci antiretrovirali.
Come spiega la pastora Pauline Wanjiru Njiru, coordinatrice per l’Africa orientale del programma ecumenico di iniziative riguardo all’HIV/AIDS promosso dal CEC: “Vogliamo che in questa consultazione si affronti con franchezza la questione della ‘guarigione per fede soltanto’ affinché chi sostiene questa teoria possa comprendere che non c’è opposizione tra scienza e religione”.
Da sempre l’apporto delle comunità di fede alla lotta all’HIV/AIDS è ambivalente. Da un lato le chiese hanno un importante ruolo educativo e di accoglienza che, per la loro presenza capillare sul territorio e vicinanza alla vita reale delle persone, difficilmente altri sarebbero in grado di svolgere; d’altra parte, alcuni dei pregiudizi che contribuiscono a stigmatizzare e colpevolizzare le persone malate trovano terreno fertile in una certa teologia di cui la “guarigione per fede soltanto” è l’ultimo preoccupante esempio.
“Nell’ambito delle terapie contro l’HIV la medicina ha fatto molti passi in avanti. E’ giusto che di questi progressi possa beneficiare il maggior numero di persone, senza essere fuorviate dal messaggio ingannevole della ‘guarigione per fede soltanto’”, ha concluso Wanjiru.