Turchia. Il pastore statunitense Brunson rimane in carcere

Izmir, Turchia

Roma (NEV), 8 maggio 2018 – Ancora un nulla di fatto per il pastore statunitense Andrew Brunson detenuto da più di un anno e mezzo nelle carceri turche con l’accusa di “terrorismo cristiano”. Ieri il tribunale di Aliaga, nella provincia di Izmir, nell’ovest del paese, ha rinviato la data del processo al 18 luglio.

Il pastore presbiteriano (di cui l’agenzia NEV ha ampiamente riferito qui), resterà in carcere, perché secondo il tribunale esisterebbe un “rischio di fuga”, come riferisce l’AFP. Brunson, che da più di 20 anni viveva con la famiglia in Turchia e curava una piccola comunità evangelica a Izmir, rischia fino a 35 anni di carcere. Il suo processo è iniziato lo scorso 16 aprile.

Le autorità turche lo accusano di agire a nome della rete del predicatore islamico Fethullah Gülen, al quale Ankara attribuisce il fallito golpe del luglio 2016, ma anche del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). La Turchia considera entrambe le organizzazioni come terroriste.

L’audizione è iniziata con la testimonianza in videoconferenza di un testimone anonimo il cui volto era offuscato. Sosteneva che il pastore Brunson, durante i servizi religiosi, facesse propaganda per il PKK, riferisce l’AFP. Inoltre, lo ha accusato di voler sviluppare un piano “per creare uno stato curdo cristiano in Iraq e in Siria”. Accuse rigettate dallo stesso pastore, che deve rispondere anche di spionaggio per scopi politici o militari.

Il governo degli Stati Uniti si dice “scandalizzato” dalle accuse contro Brunson. Presenti ieri all’udienza il diplomatico USA Philip Kosnett e la vicepresidente della Commissione statunitense per la libertà religiosa Sandra Jolley.

All’apertura del suo processo il mese scorso il pastore presbiteriano aveva già respinto tutte le accuse: “Non ho fatto nulla contro la Turchia, al contrario, amo la Turchia, ho pregato per lei per 25 anni”, ha detto. (gc)