Condanne degli organismi di chiese dopo gli scontri al confine fra Gaza e Israele

Le dichiarazioni della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra santa e del Consiglio nazionale delle chiese di Cristo negli USA

Roma (NEV/Riforma.it), 16 maggio 2018 – La drammatica escalation di violenza che ha fatto seguito alla decisione statunitense di spostare da Tel Aviv a Gerusalemme la propria ambasciata sta suscitando le reazioni di vari organismi di chiese a livello globale.

Il vescovo luterano Sani-Ibrahim Azar

A condannare fermamente le “uccisioni dei manifestanti e l’uso ingiustificato e sproporzionato della forza contro i civili disarmati” è la Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra santa (ELCJHL), mediante una lettera firmata ieri dal vescovo Sani-Ibrahim Azar. “Crediamo – afferma il testo – che le azioni violente contro i civili palestinesi ostacoleranno il percorso verso la pace e gli sforzi di riconciliazione e porteranno solo ad altra violenza e ad altri spargimenti di sangue”.

La ELCJHL ribadisce la propria posizione secondo la quale “qualsiasi accordo finale dovrà includere Gerusalemme quale città condivisa fra ebrei, cristiani e musulmani, con libero accesso a chiunque ai luoghi santi, e capitale sia della Palestina sia di Israele”.

Il logo del Consiglio nazionale delle chiese di Cristo negli USA

Anche da oltre oceano arriva forte e chiara la presa di posizione del Consiglio nazionale delle chiese di Cristo negli Stati Uniti (NCCCUSA), che raggruppa 38 chiese riformate, ortodosse, evangeliche in rappresentanza di oltre 40 milioni di persone.

Il NCCCUSA “condanna la risposta sproporzionata delle forze israeliane, che consideriamo un esempio tangibile del fallimento di Israele, degli Stati Uniti e della comunità internazionale nell’affrontare l’ingiustizia dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi e nella capacità di giungere a una soluzione comprendenti i due Stati”.

Secondo l’organismo ecumenico statunitense l’apertura dell’ambasciata a Gerusalemme, alla presenza fra l’altro di alcuni pastori evangelici, “illustra il crescente isolamento del nostro paese all’interno della comunità internazionale in riferimento alle politiche in quella regione. Non riuscendo a risolvere costruttivamente la prolungata crisi in Siria, e dopo un ritiro unilaterale dal piano d’azione globale nei confronti dell’Iran, ora i fatti di Gerusalemme riflettono l’apparente abdicazione degli Stati Uniti dal ruolo di sostenitore e partner del processo di pace”.