“L’Europa non deve avere paura”

Intervista a Torsten Moritz, nuovo segretario generale della Commissione delle chiese per i migranti in Europa

Roma (NEV/Riforma.it), 19 giugno 2018 – Torsten Moritz dal primo agosto prossimo sarà ufficialmente il nuovo segretario generale della CCME, la Commissione delle chiese per i migranti in Europa. Eletto lo scorso marzo da comitato esecutivo, prende il posto ricoperto per quasi venti anni, dal 1999 a oggi, dalla connazionale Doris Peschke.

Moritz, tedesco, 48 anni, laureato in Scienze politiche a Berlino, è stato coinvolto ai vertici delle reti europee ecumeniche giovanili negli anni ‘90 e 2000, con una particolare esperienza di ricerca e lavoro in Europa orientale negli anni immediatamente successivi alla caduta del muro di Berlino nel 1989, e lavora all’interno della CCME dal 2003, da ultimo come segretario esecutivo per le politiche e i progetti dell’Unione Europea. In questo ruolo si è occupato principalmente di advocacy nei confronti del Parlamento europeo e della Commissione europea oltre che nei network ecumenici globale sulla migrazione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC).

Fondata nel 1964, la Commissione delle Chiese per i migranti in Europa è un’organizzazione che al momento conta 28 chiese e consigli ecumenici provenienti da diciotto paesi europei, oltre a due organizzazioni internazionali che ne sono il partner privilegiato, il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e la Conferenza delle chiese europee (KEK). Creata per promuovere una visione comunitaria e inclusiva del fenomeno migratorio e per garantire adeguate politiche di supporto alle minoranze sia a livello nazionale che europeo, la CCME si è a lungo concentrata sugli spostamenti interni al vecchio continente, prima per motivi lavorativi, quindi a causa di ben altre urgenze (dalla cortina di ferro con gli Stati dell’est fino alla fratricida guerra intestina nella ex Jugoslavia); negli ultimi anni l’esplodere delle migrazioni da fuori Europa verso il nostro continente ha gioco forza spostato l’asse di azione e di pensiero dei suoi componenti.

Moritz, in Europa il clima è cambiato: la priorità non pare più l’accoglienza, ma i respingimenti e lo spostamento della questione “a casa loro”. Le chiese paiono sole e deboli davanti alla sfida, è così?

Siamo in un tempo critico per i rifugiati, per i tanti in fuga da guerre e carestie, per le minoranze. Le chiese parlano molto di ospitalità, ma sono sempre più sole in questi appelli. La politica ci dice che il nostro continente è sempre più inospitale. Si alzano muri, si accentuano separazioni etniche, regionali. Non per questo dobbiamo stancarci, come organismi ecumenici e come singoli individui, di offrire il nostro esempio di cristiani: esempio che si fonda su valori quali l’ospitalità, la solidarietà verso il prossimo, la protezione del più debole. Sarà questa la sfida dei prossimi anni, direi decenni. L’Italia è una perfetta riprova di quanto detto: la vittoria di forze populiste che liquidano il grande tema delle migrazioni con slogan ad effetto sono una preoccupazione, ma le chiese, penso a quelle evangeliche in particolare, con il progetto dei corridoi umanitari volto a garantire un viaggio sicuro a tante persone, è un esempio perfetto di quanto le nostre comunità di fede possano essere una luce anche nei periodi bui.

[…]

Un auspicio per il suo mandato?

Proseguire nella costruzione di un progetto capace di mostrare un’Europa inclusiva, capace di raccogliere le sfide del proprio tempo, non spaventata a guardare il proprio ombelico. Rendere visibile il bello che già c’è, le centinaia di migliaia di persone che operano per il bene del prossimo, e che per questo non fanno notizia. Cambiare il racconto, parlare e comunicare meglio per incidere veramente in profondità nelle coscienze delle nuove generazioni cui dovremo passare il testimone.

Leggi l’intervista integrale su Riforma.it