#Mandela100. La lezione di Nelson Mandela

In un editoriale pubblicato sul quotidiano on-line Riforma.it Paolo Naso ricorda il leader sudafricano premio Nobel per la pace e il suo legame con le chiese metodiste

Roma (NEV/Riforma.it), 18 luglio 2018 – Il 18 luglio del 1918 nasceva a Mvezo, un piccolo villaggio in Sudafrica, Nelson Rolihlahla Mandela. Lo ricorda oggi sul quotidiano on-line Riforma il politologo Paolo Naso, in un articolo che ripercorre il percorso politico del leader sudafricano premio Nobel per la pace, che nel 1962 fu arrestato e condannato all’ergastolo per reati di azione armata non connessi a fatti di sangue. “Tra i grandi meriti di Mandela – ricorda Naso – vi è quello di essersi sottratto a un uso ideologico della sua storia e della causa alla quale ha dedicato la vita”.

La sua scarcerazione avvenuta nel 1990 e la sua presidenza hanno rappresentato una vera e propria svolta per il Sudafrica. Naso sottolinea come questo cambiamento “non fu un atto di benevolenza del regime ma la sola via d’uscita a una vera e propria crisi nazionale”. E prosegue mettendolo in relazione con “il processo interno alla Chiesa riformata olandese che, dopo aver sostenuto e difeso l’apartheid, a partire dal 1986 aveva avviato un processo di riflessione critica sulle sue scelte sino a pronunciare una solenne confessione di peccato nel 1989”.

La formazione di Mandela era avvenuta nelle scuole metodiste e durante la sua prigionia era stato accompagnato in carcere da un cappellano metodista. Nonostante l’isolamento a cui era sottoposto mantenne sempre una forte consapevolezza rispetto al ruolo del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) nelle campagne di boicottaggio contro il razzismo sudafricano e nel sostegno all’opposizione.

“Non è un caso – conclude Paolo Naso – che le chiese, comprese quelle che avevano legittimato l’apartheid, ebbero un ruolo di primo piano nella fase di transizione alla democrazia, fino a strutturare eticamente e giuridicamente quel processo giuridico denominato ‘Verità e riconciliazione’ che, dopo decenni di odii e violenze, ha permesso al nuovo Sud Africa di costruirsi su basi di uguaglianza e democrazia. Non tutto è risolto e il Sud Africa di oggi è una democrazia assai più fragile di quella immaginata da Mandela. Ma proprio l’etica della democrazia e di una società giusta composta da cittadini liberi e uguali è la più grande lezione etica e civile che questo mito del Novecento consegna alla nostra confusa e sofferta post-modernità”.

Leggi l’articolo completo su Riforma