Israele. Preoccupazione per la nuova legge sullo “Stato ebraico”

Il Consiglio ecumenico delle chiese e diverse chiese locali preoccupate della legge fondamentale approvata dal parlamento israeliano

Foto A. Hillert/WCC

Roma (NEV/VE), 14 agosto 2018 – Ha destato profonda preoccupazione negli ambiti di chiese cristiane locali, nonché a livello mondiale nel Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), la “legge fondamentale” approvata recentemente dalla Knesset, che definisce Israele come esclusivo “Stato ebraico”, decretando Gerusalemme quale sua capitale e declassando la lingua araba da lingua nazionale a lingua “speciale”.

“Questo provvedimento colpisce la Terra Santa e i luoghi santi delle tre religioni”, ha dichiarato in una nota il segretario generale del CEC Olav Fykse Tveit, esprimendo sconcerto per lo status di Gerusalemme: la città, espressione millenaria delle tre fedi abramitiche, “non può essere esclusiva proprietà di una comunità di fede o di un particolare popolo. Gerusalemme è, e deve continuare ad essere, una città di tre religioni e di due popoli”.

Gli arabi israeliani rappresentano quasi il 18% della popolazione di Israele, ossia 1,5 milioni di persone in maggioranza di religione musulmana, ma tra loro ci sono anche drusi e cristiani.

Sgomente per la decisione del Parlamento israeliano anche le chiese cristiane locali, dalla Chiesa evangelica luterana di Giordania e Terra Santa (ELCJHL), ai Patriarcati greco-ortodosso e latino di Gerusalemme. Sani Ibrahim Charlie Azar, vescovo della ELCJHL, ha definito la legge come “fondamentalmente divisiva, razzista e distruttiva”.

“La nuova legge non fa menzione dei cristiani e musulmani che hanno vissuto in questa terra, prima e dopo la costituzione dello Stato di Israele”, ha invece osservato Teofilo III, patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, mentre il Patriarcato Latino in una nota segnala come la nuova legge fondamentale contravvenga alla Dichiarazione di Indipendenza di Israele, che tra i suoi impegni prevede la promozione dello sviluppo del paese “a beneficio di tutti i suoi abitanti”, e garantisce la completa parità di diritti sociali e politici “per tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso”.

Punto particolarmente controverso della legge è quello che legittima le colonie stabilendo che “lo Stato vede lo sviluppo degli insediamenti ebraici come un interesse nazionale e agirà per incoraggiare e promuovere il suo consolidamento”. Per i rappresentanti di chiese si tratta di un grave pericolo. “Difficile capire come lo sviluppo e la promozione delle comunità segregate, monoculturali e monoreligiose possano portare lo Stato di Israele ad un futuro pacifico”, ha detto a questo proposito il vescovo luterano Azar.