Il pluralismo religioso in carcere

Un convegno promosso dalla rivista Confronti per riflettere sul pluralismo religioso in carcere tra difficoltà e “buone pratiche”

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Roma (NEV), 8 novembre 2018 – Ha avuto luogo mercoledì 7 novembre, presso la Sala Teatro della Casa Circondariale Rebibbia N.C. “Raffaele Cinotti”, il convegno dal titolo “Uscire dentro. Pluralismo religioso e carceri”, promosso dalla rivista Confronti, in collaborazione con l’Associazione Spondé, l’Associazione Antigone e la Chiesa battista di Civitavecchia, finanziata dall’8 per mille dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI). L’iniziativa, patrocinata dal Ministero della Giustizia e supportata dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), si è rivelata un importante momento di confronto e riflessione condivisa intorno al tema.

Nel corso della mattinata, dopo i saluti istituzionali, si è tenuta una prima Tavola rotonda su “Le religioni: tra difficoltà e buone pratiche”, moderata dal direttore di Confronti Claudio Paravati, che ha visto i rappresentanti delle principali comunità religiose in Italia illustrare progetti e buone pratiche promosse all’interno degli istituti di pena e condividere con il pubblico (costituito da addetti ai lavori e non, oltre che da una rappresentanza di detenuti) le proprie riflessioni sulle carenze del sistema e sulle difficoltà generalmente riscontrate nel voler garantire assistenza religiosa in tali contesti.

Nel pomeriggio, nel corso di una tavola rotonda più tecnica dal titolo “Diritti oltre ogni discriminazione”, moderata dall’avvocato Ilaria Valenzi, della Commissione delle Chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato della Federazione della chiese evangeliche in Italia (FCEI), docenti ed esperti si sono addentrati nel tema, passando in rassegna dati e facendo valutazioni sullo stato dell’arte odierno, punti di forza e punti di debolezza, nel rapporto carcere/detenuto, cura spirituale/libertà religiosa.

“A conclusione di questo importante momento di testimonianza e riflessione, percepisco che l’esercizio della libertà religiosa dei detenuti è ancora carente e spesso anche discrezionale – osserva il pastore Giuseppe Miglio, vicepresidente dell’UCEBI – Credo che le priorità siano due. In primo luogo quello di garantire il rispetto dei diritti fondamentali e di quelle norme spesso male interpretate. C’è bisogno di dare un ordine normativo che rifletta ciò che la nostra Costituzione sancisce. Dobbiamo, inoltre, dar seguito con vigore al progetto già in essere di un Tavolo religioso su carcere e fedi, nazionale e permanente, che sia in grado di dar voce da una parte a quelle confessioni che non sono tutelate da intese, dall’altra ai detenuti, le cui esigenze e bisogni rimangono troppo spesso inascoltati”.