“La battaglia per la solidarietà e i diritti si può vincere”

Fra gli interlocutori presenti all’evento pubblico organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia per l’Assise 2018, la parlamentare europea Elly Schlein, relatrice della riforma del Regolamento di Dublino

Roma (NEV), 21 novembre 2018 – A margine della Tavola rotonda “Per un’Europa della solidarietà e dei diritti”, organizzata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) lo scorso 16 novembre in apertura dell’Assise FCEI 2018, abbiamo intervistato la parlamentare europea Elly Schlein, del Gruppo dell’alleanza progressista socialisti e democratici (Gruppo S&D).

A che punto siamo con la riforma del Regolamento di Dublino?

Il Parlamento sta pressando il Consiglio affinché trovi un accordo sulla fondamentale riforma del Regolamento di Dublino che è il cuore del sistema europeo comune di asilo. È incredibile che in due anni non si sia ancora riusciti a trovare un consenso sulla solidarietà interna, mentre si esternalizzano le frontiere e si fanno accordi cinici con la Turchia, la Libia e altri paesi africani, attuando la politica dell’occhio non vede cuore non duole, che è inaccettabile dal punto di vista dei diritti e dei principi di solidarietà che sono alla base dei trattati europei. La riforma di Dublino potrebbe essere votata anche domani mattina dal Consiglio con una maggioranza qualificata. In Parlamento i due anni di duro e delicato negoziato, e lo sforzo trasversale tra gruppi e paesi, ci ha portato al voto storico di un’ottima riforma che chiede finalmente a tutti i paesi di fare la propria parte nell’accoglienza. Una riforma che valorizza i legami significativi dei richiedenti asilo, supera l’ipocrisia del criterio del primo paese di accesso – che assegna la maggior parte della responsabilità a paesi come l’Italia e la Grecia – e al contempo riesce a trovare un bilanciamento nella mobilità delle persone. Incalzo i governi europeisti di Emmanuel Macron e Angela Merkel a mostrare nei fatti l’europeismo che sposano a parole, e a portare in Consiglio questa riforma.

Durante la tavola rotonda ha più volte fatto riferimento all’ipocrisia rispetto al tema dei migranti.

Purtroppo siamo pervasi da una cultura e una politica che, per quanto riguarda il fenomeno migratorio, mancano di sincerità e si nascondono dietro un falso conformismo. La prima grande ipocrisia è quella di chi se la prende con i migranti e poi li sfrutta nelle proprie aziende e nei campi; perché non attiviamo controlli più seri? La seconda ipocrisia è legata alla Legge Bossi-Fini che ha di fatto impedito l’accesso legale in Italia anche per chi cerca un futuro dignitoso. La terza ipocrisia è quella di farsi le foto con chi arriva con il coraggioso programma dei Corridoi umanitari e, lo stesso giorno, votare contro il visto umanitario europeo per cui ci stiamo battendo nell’europarlamento. La quarta è quella di non aver mai partecipato a neanche una delle 22 riunioni di negoziato sulla riforma del Regolamento Dublino: chi parla continuamente di immigrazioni non negozia la più importante riforma per l’Italia, come paese di confine; si riempie la bocca con la parola sicurezza mentre con la retorica dell’odio contribuisce a rendere meno sicure le nostre strade; dice “aiutiamoli a casa loro” e nega che le ragioni per cui le persone scappano sono molto vicine a noi e riguardano la vendita di armi a regimi e paesi impegnati in conflitti, come l’Arabia Saudita, i rapporti commerciali sbilanciati con l’Africa e le politiche fiscali europee che facilitano l’evasione fiscale nei paesi africani per miliardi di dollari ogni anno.

Sembra esserci a livello europeo, addirittura mondiale, una rinascita di ideologie autoritarie.

 Purtroppo politiche economiche e sociali che non hanno dato risposte al nodo delle disuguaglianze e delle povertà hanno posto le basi per un rigurgito pericolosissimo, fascista e nazionalista, in molti paesi europei. Il paradosso è vedere una internazionale dei nazionalisti che portano avanti e si rafforzano con una retorica di odio, intolleranza, di muri, ma, come ben dimostra la cronaca degli ultimi tempi, Matteo Salvini chiede un’alleanza sui migranti a Viktor Orban che vuole lasciare tutti i migranti in Italia, e a Sebastian Kurz che è quello che chiede alla Commissione di bocciare la legge di bilancio italiana. Questa “internazionale nazionalista” alla fine dei conti si trova da parti opposte dei muri che sognano entrambi.

Quali strumenti sono necessari per superare le sfide che abbiamo di fronte?

 Innanzitutto c’è il lavoro meritevole, anche dal punto di vista culturale, che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia sta facendo con Sant’Egidio e la Tavola valdese sui Corridoi umanitari.  Credo che sia urgente la necessità di una grande operazione di verità su questo fenomeno, i suoi numeri e le storie che ci sono dietro i volti delle persone che arrivano. Questo lavoro prezioso oggi ci chiama tutti a una responsabilità che è quella di rispondere a una messa in discussione così grave di principi di solidarietà e costituzionali che tengono insieme e coesa la nostra comunità. Lo vediamo con l’incattivirsi delle relazioni umane a tutti i livelli, nella stampa, nella televisione, sui social, ma anche nelle strade e nelle piazze.  Un’aggressività che è molto pericolosa e che ci chiama a lavorare insieme, per rimettere al centro i principi che stanno al cuore della Costituzione, dei Trattati europei e del Vangelo. Dal punto di vista europeo è chiaro che servirebbero partiti più europei, corpi intermedi più europei, chiese più europee; questo ci rende più forti e capaci di reagire al giusto livello per dare risposte a queste sfide. Credo che sarà una battaglia lunga, dall’esito non scontato. Possiamo ancora vincerla.