6 africani sul ghiaccio. “L’impossibile diventa possibile”

Esordio in serie C per la prima squadra di curling in Europa formata da richiedenti asilo

Roma (NEV), 14 dicembre 2018 – “Tutto è iniziato un pomeriggio in cui, per passare il tempo, siamo andati alla pista di pattinaggio sul ghiaccio”.  Così Michele Comba, addetto comunicazione del Servizio migranti e richiedenti asilo della Diaconia valdese (CSD), racconta la nascita dell’unica squadra di curling in Europa formata da richiedenti asilo.

Sei atleti, quattro gambiani e due della Sierra Leone: Kebba Keita, Lamin Camara, Seedia Ceesay, Joseph Fornei, Edward Assine e James J.Bungara. Allenati dalla campionessa italiana Emanuela Cavallo, recentemente in delegazione ai mondiali di Corea, i ragazzi del “First African Curling Team” (FACT) esordiranno domani nel Campionato nazionale della Federazione italiana sport sul ghiaccio (FISG).

“Ricordo la prima volta che hanno messo lo scivolo sotto i piedi e hanno preso la prima stone in mano – racconta l’allenatrice -. Oggi sono completamente diversi, l’impossibile è diventato possibile. In un anno e mezzo hanno fatto dei progressi incredibili. Sono bravi e sono ottimista per i risultati futuri: hanno la testa per potercela fare. Ora dipende tutto dal ghiaccio”.

Il curling ha preso piede dopo le olimpiadi invernali di Torino 2006 e, come ci spiega Comba, “È uno sport di nicchia, ma qui a Pinerolo abbiamo ben due squadre e un atleta olimpionico, Simone Gonin. I ragazzi non avevano mai visto il ghiaccio. Hanno imparato a stare in piedi, poi a comprendere le basi del curling, poi con le amichevoli hanno iniziato ad accendersi i riflettori su di loro, fino all’ingresso in serie C con il debutto domani alle 19”.

L’emozione è tanta. La squadra si allena due volte alla settimana al palazzetto del ghiaccio.  “Lavoriamo molto sulla tecnica per arrivare alla scivolata migliore. Da ottobre abbiamo iniziato a essere più precisi sulla velocità e a perfezionare gli obiettivi – dice Cavallo -. Gli allenamenti si svolgono sul ghiaccio e prevedono sessioni di riscaldamento e stretching. I ragazzi sono molto propositivi e atletici. Sono emozionati. Mercoledì sono arrivati in campo e la prima cosa che mi ha detto Kebba è stata: la vinciamo questa coppa?”.

“Siamo un po’ nervosi, ma siamo preparati” ci confida Edward Assine, uno dei giocatori, che sta facendo un corso per Operatore sociosanitario (OSS). Ha passato l’esame, e lo scorso novembre ha sostenuto il colloquio con la Commissione territoriale per i richiedenti asilo. La risposta arriverà entro febbraio.

“Ho perso mio padre quando avevo due anni e mia madre nel 2014. Poi, durante la dittatura, sono scappato. Ci ho messo due anni ad arrivare in Italia. Sono arrivato con un barcone il 25 ottobre 2016. Prima in Sicilia, poi a Torino, infine Torre Pellice, accolto dalla Diaconia valdese. Le nostre sono tutte storie diverse, ma siamo tutti arrivati con i barconi. È stata durissima. È un viaggio difficile da raccontare – continua Assine -. Il mio futuro lo vedo qui in Italia, dove sto costruendo molto. In Commissione mi hanno chiesto: se torni a casa, cosa potresti fare? Se tornassi a casa, sarebbe un disastro. Ho iniziato un percorso qui e ho ancora molto da imparare e da dare a questo paese. In Gambia non avrebbe senso vivere”.

“Sto pensando a vincere. È molto importante per noi e per la squadra –  fa eco Joseph Fornei -. Sono partito dalla Sierra Leone attraversando Guinea, Mali, Burkina Faso, Niger e Libia. Ho lasciato mia madre, mia sorella e mio fratello. Mi piacerebbe tanto poter raccontare loro di questa partita”.

La squadra “First African Curling Team” è anche protagonista del documentario “Ghiaccio”, di Tomaso Clavarino, finanziato dalla Diaconia Valdese e dalla Film commission Torino Piemonte. Fino al 16 dicembre è possibile sostenere la campagna di raccolta fondi su Indiegogo per la seconda parte del documentario, che seguirà la squadra per tutto il campionato.

(L’immagine di copertina e quella frontale con i tre giocatori sono frame tratti dal trailer di “Ghiaccio”. Le altre foto sono di Diaconia valdese).