Accuse di advocacy anti-israeliana al Consiglio ecumenico delle chiese

L’ONG Monitor critica il Consiglio ecumenico delle chiese per il suo programma di accompagnamento ecumenico in Israele e Palestina

In fila al checkpoint di Qalandiya - Foto di Albin Hillert/CEC

Roma (NEV), 15 gennaio 2019 – Il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) ha pubblicato una lettera aperta agli organi di informazione, in risposta al Rapporto pubblicato da Monitor, ONG con sede a Gerusalemme, nel quale si esprimono delle critiche nei confronti del suo Programma di accompagnamento ecumenico in Palestina e Israele (EAPPI).

Il CEC è stato informato dai media in anticipo rispetto alla pubblicazione del Rapporto, che descrive il programma EAPPI come “Il campo di addestramento del Consiglio ecumenico delle chiese per l’advocacy anti-israeliana”.

Nella lettera di risposta il CEC, che rappresenta mezzo milione di cristiani nel mondo, ripercorre le tappe della sua creazione e la mission che lo caratterizza che è quella di “abbattere le barriere tra le persone, cercando giustizia e pace, difendendo l’integrità della creazione”.

Sulla specificità del programma EAPPI, il CEC ricorda che è stato creato come risposta specifica ad una richiesta delle chiese membro nella regione, “per rispondere a preoccupazioni che sono, purtroppo, specifiche per la regione. Una metodologia simile è stata messa in pratica nel contesto di conflitti e diffuse violazioni dei diritti umani in Colombia”.

“Gli scopi dell’EAPPI – si legge nella lettera aperta – sono di accompagnare le comunità locali, fornire una presenza internazionale protettiva, testimoniare eventi e circostanze, e promuovere una pace giusta per tutti i popoli della regione”.

All’accusa di antisemitismo espressa nel Rapporto, il Consiglio ecumenico delle chiese risponde affermando che “sin alla sua assemblea di fondazione nel 1948, il CEC ha denunciato l’antisemitismo come un peccato contro Dio e l’umanità” e rivendica il proprio impegno nel voler affrontare le cause e non solo i sintomi di “politiche e pratiche ingiuste, della violenza e delle violazioni della dignità e dei diritti umani”.

Sul tema del boicottaggio di beni e servizi ricorda che non “promuove misure economiche contro Israele. Ha tuttavia una posizione politica di vecchia data a favore del boicottaggio di beni e servizi provenienti dagli insediamenti (considerati a livello internazionale come illegali) nei territori palestinesi occupati”.