Tensione tra Consiglio ecumenico delle chiese e Israele 

Il Programma ecumenico di accompagnamento del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) in Palestina e Israele ha preso la decisione di ritirare gli Accompagnatori ecumenici dalla zona di Hebron a causa di problemi di sicurezza

Foto di Albin Hillert/WCC

Roma (NEV), 30 gennaio 2019 – Il Programma ecumenico di accompagnamento in Palestina e Israele (EAPPI) del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) è tra le varie organizzazioni non governative e di pacificazione che hanno deciso di lasciare l’area di Hebron a causa delle intimidazioni da parte dei coloni e dei soldati israeliani.

Tra i gruppi che hanno deciso di uscire da questa zona c’è anche la Temporary International Presence a Hebron (TIPH), un organismo istituito più di 20 anni fa per aiutare a proteggere i palestinesi nell’area di Hebron, che ha abbandonato la zona a seguito di una decisione del governo israeliano di non rinnovargli il mandato. Il mancato rinnovo di questo compito, e l’intensificazione delle pressioni sul programma del CEC e di altre ONG, rischia “di eliminare qualsiasi controllo internazionale e presenza protettiva da una delle situazioni più instabili nei Territori palestinesi occupati, in un momento in cui la visione di una pace sostenibile nella regione sembra più remota che mai”, si legge in un comunicato del Consiglio ecumenico delle chiese.

Il segretario generale del CEC, Olav Fykse Tveit, ha fatto appello per una pace giusta nell’area e ha espresso la speranza che gli Accompagnatori ecumenici e altre presenze di monitoraggio e protezione internazionali possano tornare nella zona il prima possibile: “Gli accompagnatori del CEC sono attualmente impossibilitati ad adempiere al loro ruolo di presenza protettiva pacifica per i residenti a Hebron – ha affermato Tveit -. Dobbiamo rafforzare la nostra determinazione per il perseguimento della pace e non permettere che molestie o minacce ci impediscano di perseguire questo obiettivo”.

La questione del ritiro del programma di accompagnamento si inserisce nella polemica tra CEC e la ONG Monitor, ONG con sede a Gerusalemme, che ha recentemente pubblicato un Rapporto nel quale si esprimono delle critiche nei confronti del Programma di accompagnamento ecumenico in Palestina e Israele (EAPPI).

E proprie sull’accusa di antisemitismo espressa da Monitor, il CEC ha risposto in maniera molto netta: “Il CEC considera l’antisemitismo come inconciliabile con la professione e la pratica della fede cristiana, e un peccato contro Dio e l’umanità”.

Nel comunicato “Chiarimenti in risposta alle continue accuse di antisemitismo da parte di Monitor” il CEC si è soffermato sul significato di antisemitismo, auspicando l’identificazione di  una “definizione sufficientemente precisa e sufficientemente accettata per individuare chiaramente i casi di odio verso gli ebrei in quanto ebrei, salvaguardando al tempo stesso le critiche legittime delle azioni degli individui, dei gruppi o del governo di Israele dall’essere falsamente definite antisemitiche”.

Affermando il diritto dello Stato di Israele di esistere, entro i suoi confini internazionalmente accettati, in piena sovranità e libero dalla minaccia della violenza “il CEC afferma ugualmente il diritto del popolo palestinese alla libertà dall’occupazione militare, all’autodeterminazione all’interno del proprio stato a fianco di Israele, e a vivere la propria vita in pace”.

E aggiunge che “nella misura in cui politiche e pratiche specifiche del governo di Israele ostacolano e impediscono la realizzazione di questi diritti, continueremo ad esprimere le nostre critiche a tali politiche e pratiche”.

 

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