AIDS. La voce delle comunità di fede alla XIX Conferenza internazionale sull’AIDS

Salute, dignità, giustizia, le parole chiave della lotta all'HIV/AIDS

Roma (NEV), 1 agosto 2012 – Le comunità di fede hanno un ruolo fondamentale nel combattere “una pandemia che non verrà debellata solo con l’aiuto di nuovi farmaci, ma con il coinvolgimento dell’intera società, dando voce alla comunità di coloro che hanno contratto la malattia”. Con queste parole Peter Prove, direttore esecutivo dell’Alleanza ecumenica per la difesa dei diritti (EAA; http://iac.ecumenicaladvocacy.org/), ha spiegato la presenza di centinaia di rappresentanti religiosi alla XIX Conferenza internazionale sull’AIDS tenutasi a Washington (USA) dal 22 al 27 luglio scorsi. “Siamo qui per rinnovare e far conoscere il nostro impegno nella lotta all’AIDS, per ascoltare e capire quali sono le nuove sfide che ci attendono e per metterci in rete e creare nuove collaborazioni con altre organizzazioni”, ha aggiunto Prove.

Oltre ad essere presenti nella Faith Zone del Global Village della conferenza, circa 400 rappresentanti di comunità di fede appartenenti alle tradizioni cristiana, ebraica, hindu, musulmana, si sono incontrati nell’ambito della Pre-conferenza interreligiosa organizzata dall’EAA e tenutasi nella capitale statunitense dal 20 al 21 luglio con il titolo “Agire a favore della salute, della dignità e della giustizia”. “E’ tempo che consideriamo l’HIV/AIDS un tema da affrontare insieme”, ha detto nel discorso che ha aperto la Pre-conferenza Maria Ziwenge, rappresentante dell’Associazione cristiana delle giovani (YWCA) dello Zimbabwe. L’intervento di Ziwenge ha subito messo al centro uno dei temi cruciali: l’ingiustizia di genere che porta le donne a rappresentare oltre il 50% dei malati di HIV/AIDS e le giovani donne il 61% dei nuovi contagi. Una situazione drammatica, soprattutto nell’Africa subsahariana, dovuta, tra l’altro, a violenze sessuali e stupri nelle zone di guerra, alla scarsa scolarizzazione femminile, alla povertà e al difficile accesso alle informazioni, alla negazione del diritto delle donne alla salute sessuale e riproduttiva. Temi su cui l’YWCA ha recentemente stilato un documento (www.worldywca.org).

La Pre-conferenza ha dato spazio anche agli aspetti prettamente legati alla salute. In questo ambito c’è da riscontrare la buona notizia dell’avanzamento della ricerca per una cura efficace. “Tuttavia, anche se una cura fosse trovata, l’AIDS/HIV rimarrebbe ancora per molti anni una realtà tragica di molte parti del mondo”, ha detto David Deakin, di Tearfound UK. Di fronte alle nuove speranze e alle nuove sfide delineate dall’incontro di Washington, l’ambito di intervento principale delle comunità di fede rimane quello del rifiuto della stigmatizzazione dei malati di AIDS/HIV. Le religioni devono aprire le loro porte ai malati di AIDS e diventare per loro dei luoghi accoglienti, hanno ribadito in modo diverso i partecipanti a una tavola rotonda, raccontando come le loro comunità di appartenenza hanno reagito alla notizia della loro sieropositività. “Ogni comunità di fede può ridurre la riprovazione morale verso i sieropositivi con programmi informativi sull’AIDS/HIV, in cui si mostri come la stigmatizzazione prevenga le persone dal verificare il loro stato di salute e dall’accedere ai trattamenti appropriati, isoli le persone affette e accresca la loro sofferenza”, ha sottolineato Martha Jewett dell’associazione Lutheran Grace.