Roma, 10 dicembre 2012 (ACAT/NEV-19) – Si è tenuta oggi, in concomitanza con la celebrazione della Giornata mondiale dei diritti umani, presso la Sala Peppino Impastato di Palazzo Valentini (Provincia di Roma), la cerimonia di consegna dei premi di laurea ACAT Italia (Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura) “Una laurea per fermare la tortura” e “Una laurea per abolire la pena di morte” per l’a.a. 2010/2011. Alessandro Monti, Presidente della Commissione esaminatrice, ha consegnato i premi, del valore di 3500 euro cadauno, ai due vincitori: Lorenzo D’Orsi, con la tesi “Da noi certe cose non possono accadere. Forme della memoria della dittatura uruguaiana” (discussa presso la Sapienza-Università di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia) e Cono Giardullo, con la tesi “Il trattato di amicizia italo-libico alla luce delle norme costituzionali e degli obblighi internazionali” (discussa presso l’Università di Ferrara, Facoltà di Giurisprudenza).
L’incontro si è aperto con una tavola rotonda dal titolo “Dignità dell’uomo e diritti umani nelle diverse culture”, nel corso della quale si sono confrontati da una parte i diversi relatori invitati a prendervi parte, portatori di contributi diversi e complementari, dall’altra un pubblico attento ed eterogeneo per formazione ed età. A moderare l’incontro Mauro Palma, membro della Commissione aggiudicatrice, già Presidente del Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, che, dopo aver ricordato l’articolo uno della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che recita “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, ha sottolineato quanto “sembra un obiettivo estremamente complesso da praticare e molto spesso contraddetto”.
Paolo Ricca, docente presso la Facoltà valdese di teologia, ha “sviscerato” il tema della dignità umana all’interno della tradizione teologica cristiana, a partire dal rapporto privilegiato che lega l’uomo, “immagine e riflesso in terra della realtà ineffabile di Dio”, con il divino che lo ha creato. Ma se qui sta la “dignità” dell’essere umano, l’uomo stesso manifesta la sua “indegnità” nel momento in cui arriva a “uccidere il fratello”, perché “ogni omicidio è un suicidio, è la distruzione della propria umanità – sottolinea Ricca – L’uomo non è capace di sostenere la sua dignità, renderle omaggio, viverla, praticarla. Per questo siamo qui oggi a parlare di pena di morte”.Maria Angela Falà, Vice Presidente dell’Unione Buddhista Italiana, ha sottolineato come nelle tradizione orientali dove, a differenza del cristianesimo, non esiste un dio creatore, la realtà dell’uomo e la sua dignità sono strettamente connessi al concetto di “interdipendenza”: «Ogni uomo, ogni realtà, ha la medesima dignità, in quanto parte di un sistema complesso che ci unisce e che non permette alcuna distinzione tra uomo e uomo, uomo e natura. Quando io perdo di vista il rapporto che mi lega agli altri perdo di vista la mia dignità di essere. Il diritto umano è la capacità si dare senso alla vita, affinché nessuno venga privato della propria dignità, identità e libertà».
Fausto Pellegrini, vicecaporedattore di RaiNews24, ha evidenziato la funzione importante che il buon giornalismo assolve nel momento in cui prova a “rompere la schizofrenia e la mancanza di conoscenza di tutta una serie di realtà che non ci consentono di comprendere fino in fondo tutto ciò che accade intorno a noi”. Per rendere importante la funzione del giornalista, oltre all’articolo 21, bisogna far continuo riferimento all’articolo 3: “Se il giornalismo, infatti, – sottolinea Pellegrini – contribuisce alla rimozione degli ostacoli affinché i diritti possano essere vivi ed esigibili, svolge effettivamente il suo ruolo. Nel momento in cui si lega a un’interpretazione dominante, non prova nessun tipo di empatia con il punto di vista di colui che il potere lo subisce, contribuisce semplicemente a mantenere una società eticamente corretta su un piano formale ma non su un piano pratico”.