Meriam. Il movimento ecumenico si mobilita per la donna sudanese condannata a morte

Tveit (CEC) e Winkler (NCCUSA): un atto irragionevole e disumano di fanatismo religioso

Roma (NEV), 28 maggio 2014 – La sentenza di morte che in Sudan ha colpito Meriam, condannata per aver sposato un cristiano abiurando così alla religione musulmana, ha suscitato incredulità e profonda preoccupazione nel movimento ecumenico internazionale. Il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del consiglio ecumenico delle chiese (CEC), ha inviato al presidente sudanese Al-Bashir una lettera nella quale ha chiesto che “questa sentenza ingiusta, irragionevole e immorale” non venga eseguita. “Il fatto che Meriam sia nata da genitori musulmani o cristiani è irrilevante rispetto a una sentenza che viola la lettera e lo spirito della Costituzione sudanese”, ha scritto Tveit, ricordando come la carta fondamentale del Sudan garantisca a tutti i cittadini il “diritto alla libertà religiosa, di credo e di culto”.

Una voce altrettanto chiara si è levata dal Consiglio nazionale delle chiese cristiane degli USA (NCCUSA). Secondo il pastore Jim Winkler, presidente del NCCUSA, la condanna a morte di Meriam è “un atto disumano di indicibile fanatismo religioso. E’ una violazione non solo del fondamentale diritto alla libertà religiosa – ha proseguito Winkler, – ma anche del più basilare dei precetti religiosi che afferma l’amore di Dio per ogni essere umano. Finché una qualsiasi persona non sarà libera di esprimere la propria fede ovunque nel mondo, anche nei luoghi in cui la propria religione è minoritaria, la libertà religiosa rimarrà un illusorio ideale”, ha affermato Winkler, impegnando la propria organizzazione ecumenica ad adoperarsi per la liberazione di Meriam.