L’interculturalità nelle chiese. Una consultazione del Consiglio ecumenico delle chiese

Paolo Naso (FCEI): “Grandi e piccole chiese di fronte a una comune sfida teologica e culturale”

Roma (NEV), 10 settembre 2014 – Dal 1 al 5 settembre, si è svolta a Bossey, nei pressi di Ginevra, una consultazione internazionale sulla formazione teologica dei leader delle “chiese migranti”. All’incontro, promosso dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) nella cornice di un castello che ospita l’Istituto ecumenico, una emanazione del CEC, hanno partecipato circa 30 rappresentanti di diverse chiese dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia. Obiettivo dell’incontro era verificare come chiese di diversi contesti si preparano ad affrontare la sfida teologia dell’interculturalità, ovvero della presenza al loro interno di uomini e donne provenienti da paesi e talora da continenti diversi. L’incontro è stato presieduto da Amélé Ekué, originaria del Togo ed attualmente docente di etica sociale e missiologia presso l’Istituto ecumenico: “La nascita di nuove comunità cristiane di migranti, in ogni parte del mondo – ha affermato all’inizio dei lavori – ha aperto nuove straordinarie prospettive al dialogo ecumenico: i cristiani si devono interrogare sulle ricchezze e sulle domande che queste comunità pongono alla Chiesa nel cammino verso un’unità da vivere e da testimoniare nell’accoglienza delle diversità”. All’incontro hanno partecipato rappresentanti di chiese e istituti di formazione sia accademici che informali di vari paesi: per l’Europa Germania, Olanda, Belgio, Regno Unito, Svezia, Svizzera. L’Italia era rappresentata da Anne Zell, pastora della chiesa valdese di Brescia, che a livello nazionale è una delle più multietniche e interculturali, e da Paolo Naso che coordina il programma Essere chiesa insieme (ECI) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e insegna presso il Master in Religioni e mediazione culturale dell’Università La Sapienza di Roma.

Nel corso dei lavori Anne Zell ha presentato l’esperienza di ECI, un programma promosso dalla FCEI che intende favorire la crescita e lo scambio interculturale all’interno di chiese evangeliche italiane sempre più multietniche. “L’esperienza italiana che punta a promuovere la crescita di comunità integrate di italiani ed immigrati – ha dichiarato all’agenzia NEV – resta un modello originale che ha scarsi riscontri in Europa dove prevale il modello delle ‘chiese etniche’ o ‘migranti’, ovvero di uno steccato più o meno visibile che divide credenti della stessa fede ma che provengono da tradizioni culturali diverse. Forse proprio per questa particolarità il lavoro che svolgiamo in Italia è sempre guardato con grande interesse e curiosità”.

Paolo Naso ha invece presentato lo specifico programma formativo adottato da ECI in questo biennio, il Laboratorio Interculturale di Formazione e Accoglienza (LINFA): “Si tratta di un programma biennale – ha spiegato – riservato a quanti italiani e immigrati vogliano acquisire strumenti teologici e di azione sociale per operare all’interno di comunità interculturali o comunque nella prospettiva di uno scambio con fratelli e sorelle che hanno tradizioni e provenienze diverse”. Il programma LINFA, avviato nel 2013, raccoglie circa 70 iscritti e si struttura in convegni periodici; tra un convegno e l’altro, i partecipanti si incontrano con dei tutor locali per approfondire le tematiche affrontate nei convegni nazionali. “La formazione – precisa Naso – si struttura attorno a sei nuclei tematici: la Bibbia – che comunque costituisce un filo conduttore dell’intero percorso – le diverse ecclesiologie e i ministeri che esse prevedono, le dinamiche intergenerazionali, l’identità, il concetto di missione, l’integrazione sociale. Al corso – precisa ancora Naso – partecipano evangelici delle vari chiese ‘storiche’ ma anche avventisti e pentecostali. E’ un elemento di ricchezza che rivendichiamo con soddisfazione perché questa formazione comune costituisce un terreno avanzato di incontro e scambio tra diverse anime dell’evangelismo italiano. E’ una sfida comune, che coinvolge chiese grandi e piccole e che ci deve impegnare a diversi livelli: da quelli della formazione di base come LINFA a quelli – come ci hanno mostrato colleghi tedeschi o inglesi – della preparazione accademica dei pastori”.