Mediterranean Hope: uno sguardo di Tunisi

Roma (NEV), 25 marzo 2015 – L’attentato dell’ISIS al museo del Bardo di Tunisi dello scorso 18 marzo non ha impedito agli operatori del progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) “Mediterranean Hope” (MH), Marta Bernardini e Francesco Piobbicchi, di recarsi al XIII Social Forum Mondiale (SFM2015) apertosi ieri con una marcia contro il terrorismo. La capitale tunisina ospita per la seconda volta, dopo l’edizione del 2013, il grande incontro altermondialista che riunisce più di 4300 ONG e associazioni di 120 paesi intenzionate a elaborare alternative all’economia mondiale e a discutere di giustizia sociale, mutamento climatico, disuguaglianze nord-sud, migrazioni. Il SFM2015 assume un significato particolare in quella che è la culla delle “primavere arabe” e unico Stato arabo-musulmano a essere riuscito a creare una pur fragile democrazia dopo la rivoluzione del 2011. Oltre un migliaio le attività previste tra seminari, conferenze e dibattiti per l’appuntamento che si svolge tra il 24 e il 28 marzo con lo slogan “Dignità e diritti”.

Marta Bernardini e Francesco Piobbichi sono da dieci mesi impegnati alle porte del Nordafrica sull’isola di Lampedusa, dove curano l’osservatorio per le migrazioni di MH. Con questa intervista, la loro rubrica settimanale “Lo sguardo di Lampedusa” per questa volta diventa “Lo sguardo di Tunisi”.

Il Social Forum Mondiale nasce nel 2001 a Porto Alegre in Brasile con il motto “Un altro mondo è possibile!”. È ancora attuale?

Non saremmo qui a incontrare tutte queste persone, arrivate da tutto il mondo per proporre alternative economiche, politiche, sociali per un mondo migliore. Sicuramente vedere in questi giorni tanti gruppi e associazioni lavorare per un altro modello di società globale, dà speranza. Si respira un’aria di grandi e nuove possibilità. Abbiamo avuto una bellissima accoglienza.

Malgrado l’attentato della scorsa settimana, le tunisine e i tunisini mostrano grande entusiasmo per il SFM2015. C’è da dire che da parte delle delegazioni è arrivato un forte segnale di solidarietà e fiducia al popolo tunisino: tutte, dopo l’attentato, hanno confermato la loro partecipazione.

La manifestazione di apertura del SFM2015, nonostante la pioggia battente, ha visto decine di migliaia di attivisti, donne, giovani, famiglie marciare contro il terrorismo e contro ogni forma di estremismo religioso. Certo, quando il corteo si è fermato davanti al Museo del Bardo, c’è stato un momento di forte intensità. Quel che possiamo osservare in questi giorni da parte dei tunisini è sicuramente un segnale positivo di partecipazione e di voglia di democrazia. Visto da qui, sì, un altro mondo è possibile.

Qual è il senso della partecipazione di MH a questo evento?

MH si occupa di comprendere cosa accade al di qua e al di là delle frontiere. Essere qui in questi giorni significa allargare la rete di relazioni e contatti con gruppi che da anni hanno esperienza in tema di migrazioni. Significa lanciare ponti, scambiare idee, pensando anche di proporre insieme ad altri gruppi delle alternative alle politiche migratorie dei nostri governi. Concretamente prendiamo parte a un workshop dal titolo “Alternative mediterranee” incentrato sul diritto di asilo e dei migranti. Inoltre, insieme a Libera, collaboriamo a un seminario sul traffico di esseri umani. Come MH, che gestisce anche la “Casa delle culture” di Scicli (RG) accogliendo migranti particolarmente vulnerabili, abbiamo anche un’esperienza concreta di cui riferire. Non solo scambio di informazioni quindi, ma anche scambio di “buone pratiche”. E poi, naturalmente, seguiremo dibattiti intorno ai temi dei diritti, dello sviluppo sociale, delle frontiere.

Relativamente a queste tematiche quale può o deve essere l’apporto delle chiese?

Crediamo che i temi che verranno proposti in questi giorni siano molto importanti non solo per gli “addetti ai lavori”, ma anche per la riflessione delle chiese, e in generale per le comunità di fede. Le tematiche qui dibattute permeano la vita degli stessi credenti. Questo tipo di riflessione deve sicuramente andare oltre i confini di Tunisi e dell’Italia, ma anche oltre i confini del discorso politico o socio-economico: non c’è dubbio che riguardano anche le realtà religiose che si devono interrogare e cercare il loro modo di sensibilizzare i credenti delle proprie comunità sui temi della giustizia e della pace, contro ogni forma di fondamentalismo. Una voce a questo SFM2015 come quella della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, è un segno importante di appoggio e presenza.