Roma (NEV), 22 aprile 2015 – Il 2017 dovrà essere vissuto in modo ecumenico. E’ questa la convinzione del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, riportata da un articolo pubblicato sul portale cattolico svizzero www.cath.ch. La speranza di Koch è che il Giubileo della Riforma – che cadrà appunto nel 2017, cinquecento anni dopo l’affissione a Wittenberg delle 95 tesi di Martin Lutero contro le indulgenze (31 ottobre 1517) – possa permettere dei significativi passi in avanti nel dialogo tra protestanti e cattolici. Secondo il cardinale cattolici e protestanti possono incontrarsi “nel pentimento, nella riconoscenza e nella speranza”. Gli uni e gli altri hanno infatti “delle ragioni per chiedere perdono” per “la cattiva fede e le ferite che si sono inflitte reciprocamente negli ultimi cinquecento anni”, come pure c’è ragione per rallegrarsi dei progressi realizzati negli ultimi decenni in campo ecumenico. Tra questi, Koch cita la Dichiarazione congiunta luterano-cattolica sulla giustificazione per fede (1999), come esempio in base al quale procedere con coraggio verso “una nuova Dichiarazione comune su Chiesa, eucaristia e ministero, passo decisivo sul cammino verso una comunione totale delle chiese”.
L’articolo di cath.ch riporta anche alcune dichiarazioni del cardinale che esprimono dei punti critici sia nella concezione dell’ecumenismo sia nella valutazione della Riforma del XVI secolo. Secondo Koch, l’ecumenismo non dovrebbe accontentarsi di un mutuo riconoscimento nella diversità. Un’affermazione, quest’ultima, evidentemente critica della concezione ecumenica protestante della Unità nella diversità, esemplificata, per esempio, nella Comunione di chiese protestanti in Europa (CCPE), le cui chiese membro riconoscono i ministeri e i sacramenti le une delle altre. Inoltre, Koch ha affermato che non si può festeggiare la Riforma “come la nascita della chiesa della libertà”. I riformatori hanno fallito nel loro tentativo di riformare la chiesa intera, mentre gli sviluppi delle chiese nate dalla riforma devono essere considerati storicamente come “una soluzione di ripiego” (une solution de secours). Il cardinale si è infine espresso sul fatto che la Riforma protestante non detenga l’esclusiva dei movimenti di riforma nella chiesa, citando come esempio di “riformatore radicale” Francesco d’Assisi che ha agito “in unità con il papa”. Allo stesso modo anche la chiesa cattolica ha compiuto la sua riforma con il Concilio Vaticano II, la riscoperta della centralità della parola di Dio e del sacerdozio comune di tutti i battezzati, due capisaldi dell’insegnamento di Martin Lutero (clicca qui).