EXPO2015. La Carta di Milano firmata da 11 esponenti di diverse religioni

Il pastore valdese Platone. Un impegno concreto delle religioni: spirituale etico e morale

Roma (NEV), 2 settembre 2015 – Undici esponenti del Tavolo interreligioso e del Consiglio delle chiese cristiane del capoluogo lombardo in rappresentanza delle principali comunità di fede di Milano si sono riuniti il 1° settembre sul palco dell’EXPO per confrontarsi sul tema della produzione e del consumo di cibo nel pianeta. L’incontro interreligioso è stato l’occasione ufficiale per firmare la Carta di Milano (www.carta.milano.it) e benedire il cibo ognuno secondo le proprie tradizioni. Oggi, nel mondo, circa 800 milioni di persone soffrono di fame cronica e più di due miliardi sono malnutrite. Eppure ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate, mentre le risorse della terra, le foreste e i mari sono sfruttati in modo insostenibile.

“Noi donne e uomini, cittadini di questo pianeta, sottoscriviamo questo documento per assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo che riteniamo debba essere considerato un diritto umano fondamentale”, questa è l’affermazione contenuta nel preambolo della Carta di Milano, co-promossa dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), dall’EXPO2015 e dalla Fondazione Feltrinelli, al fine di incoraggiare la “partecipazione attiva” per la costruzione di un futuro diverso e migliore. Tra i rappresentanti religiosi di Milano che hanno apposto la loro firma: la pastora della chiesa metodista Dorothee Mack e Giuseppe Platone, pastore della chiesa valdese di Milano: “La Carta di Milano – ha sottolineato Platone, intervistato dalla rubrica Culto evangelico di Radiouno a cura della FCEI – è l’eredità immateriale dell’EXPO. Una Carta rivolta all’intera umanità, ossia a tutte le persone interessate ad una distribuzione equa del cibo, contro ogni spreco e per la qualità del cibo prodotto.

Anche le realtà religiose e i cristiani che partecipano al Consiglio ecumenico cittadino hanno sottoscritto questa Carta – ha proseguito Platone – come impegno personale a vivere la giustizia legata al cibo, alla sua distribuzione e la sua produzione. Prima di chiedere un impegno ad altri siamo chiamati ad adoperarci in questa direzione all’interno delle nostre chiese e comunità religiose. Dunque – ha concluso Platone – un ribaltamento del principio: mors tua, vita mea ma, che al contrario dev’essere mors mia, vita tua. Dedicarci agli altri nella ricerca di equilibri e di giustizia sociale che oggi sono necessari. Pena il moltiplicarsi di catastrofi umanitarie mondiali come guerre e carestie. Un impegno concreto delle religioni dove il cibo assume una valenza spirituale ma anche etica e morale”.