Profughi. Organismi di chiese richiamano l’Europa

Olav Fykse Tveit: “Scioccati di sentire di paesi che rifiutano profughi in base alla religione”

Roma (NEV), 9 settembre 2015 – A poche ore dalla dichiarazione del premier ungherese Viktor Orban relativa al fatto che non poteva rischiare per via dei profughi un’islamizzazione del proprio paese, lo scorso 4 settembre è arrivato il monito del segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), Olav Fykse Tveit, in visita in Colombia: “Siamo scioccati di sentire di paesi che stanno rifiutando i profughi sulla base della loro appartenenza religiosa”. Il CEC pertanto sollecita “tutti gli stati europei ad assumersi la responsabilità di accogliere e sostenere le persone in cerca di rifugio, di sicurezza e di un futuro migliore per se stessi e le loro famiglie”. Il pastore Tveit ha ribadito che “la gestione dei flussi non può essere scaricata sul primo stato di arrivo delle persone. L’Europa, da est a ovest, sta vivendo una prova estrema, che richiede ai paesi di mantenere alti i valori della dignità e del rispetto dei diritti. Incoraggiamo le chiese dei paesi di arrivo, di transito e di destinazione dei profughi ad impegnarsi per l’accoglienza dello straniero. Una collaborazione ecumenica risulta decisiva per alleviare questa terribile sofferenza”.

Sulla stessa linea il segretario generale della Federazione luterana mondiale (FLM), il pastore Martin Junge, che in una lettera alle chiese membro europee ha ricordato che “la protezione dei rifugiati non è solo un obbligo morale. In quanto firmatari delle Convenzioni sul diritto internazionale, e in particolare su quella di Ginevra, le nazioni europee hanno preso l’impegno di proteggere i rifugiati”. Poi c’è il compito delle chiese, che per Junge devono distinguersi per un’accoglienza generosa che “riconosca la dignità umana di ogni profugo e che lotti contro il messaggio populista della paura e dell’esclusione”. Per parte sua Munib Younan, presidente della FLM, e vescovo della Chiesa luterana di Giordania e Terra Santa, ha chiamato i paesi di arrivo dei rifugiati a creare una cultura dell’accoglienza: “Io stesso sono rifugiato. La mia storia e la mia fede mi obbligano a difendere queste donne, questi uomini e bambini dalle spiagge inospitali, dai furgoni trovati in autostrade, dal filo spinato, dai campi”.