Roma (NEV), 3 febbraio 2016 – Un documento dalla portata storica che segna un ulteriore passo in avanti nel dialogo ecumenico in Gran Bretagna ed oltre. Così è stata salutata da molti la pubblicazione della Dichiarazione di Colombano (Columba Declaration) nella quale la Chiesa di Scozia e la Chiesa d’Inghilterra si riconoscono reciprocamente e definiscono i passi per crescere ulteriormente nella comunione e nella missione. Intitolata a Colombano – il monaco irlandese che evangelizzò la Gran Bretagna, personaggio che richiama le origini della fede cristiana Oltremanica -. la Dichiarazione intende rendere visibili i rapporti che già esistono tra le due chiese, riconosce che entrambe appartengono alla Chiesa di Gesù Cristo, “Una, Santa, Universale e Apostolica”; invita a ricevere nelle proprie comunità i membri dell’altra chiesa; impegna a raggiungere la piena intercambiabilità dei ministeri, oggi già possibile su base ristretta, e ad approfondire il dialogo sull’episcopato, presente tra gli anglicani ed assente tra i presbiteriani; invita le chiese a esprimere una parola comune su temi etici, sociali e politici suscitati dal dibattito pubblico. La Dichiarazione è accompagnata dal rapporto “Crescita nella comunione, partenariato nella missione” (clicca qui), redatto dal Gruppo di studio congiunto che dal 2010 ad oggi ha lavorato per la stesura del testo appena pubblicato.
Come spiegano i due co-presidente del Gruppo di lavoro, l’anglicano Peter Forster e il presbiteriano scozzese, John McPake, il documento ricalca in larga misura le affermazioni teologiche già presenti in altri testi ecumenici presi a modello, in particolare la Dichiarazione comune di Reuilly sottoscritta nel 2001 dalle Chiese anglicane di Gran Bretagna e Irlanda e i luterani e riformati. Da questo punto di vista, l’approvazione del testo da parte del Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra, in questo mese di febbraio, e dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, il prossimo maggio, non dovrebbe comportare particolari problemi. La novità della Dichiarazione sta piuttosto nella volontà delle due chiese di rendere visibili i risultati di un dialogo che va avanti da anni in “un tempo che si presenta come particolarmente critico nella vita del Regno Unito”.
Il riferimento, esplicito nel rapporto del gruppo di lavoro, è al referendum sull’indipendenza scozzese del 2014 – nell’ambito del quale la Chiesa di Scozia si è proposta come luogo neutrale di dibattito e di riconciliazione tra le parti -, ma anche alle elezioni politiche del 2015 e al prossimo referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea – scadenza caria di conseguenze, rispetto alla quale le chiese hanno lanciato congiuntamente un blog (http://riforma.it/it/articolo/2015/09/09/re-immaginare-leuropa) per alimentare la discussione. Da un punto di vista giuridico le due chiese hanno una dimensione nazionale costituzionalmente riconosciuta, c’è però ora la consapevolezza che entrambe debbano guardare oltre le loro nazioni (nations, nel testo in inglese), cioè l’Inghilterra e la Scozia, e instaurare delle relazioni che permettano loro una visione dell’intero Paese (country, nel testo in inglese), cioè la Gran Bretagna. Questo, appunto, per poter analizzare insieme i cambiamenti istituzionali, interni ed esterni, che nei prossimi anni potrebbero interessare la Gran Bretagna.