Corridoi umanitari. Un appello dei tre co-promotori per combattere l’indifferenza

Roma (NEV), 1 giugno 2016 – In occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, e di fronte alle tragedie che continuano a prodursi in mare, le tre organizzazioni promotrici dei primi #CorridoiUmanitari realizzati in Europa, oggi hanno diffuso un comunicato congiunto con cui chiedono l’istituzione di canali permanenti di accoglienza, sottolineando l’importanza dei processi di integrazione. Il seguente appello, che chiama a combattere l’indifferenza, è sottoscritto da Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola valdese; Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio; e Luca M. Negro, Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

UN PROGETTO ECUMENICO PER ACCOGLIERE E INTEGRARE

Nella settimana alle nostre spalle nel Mar Mediterraneo sono morte almeno 800 persone che fuggendo dalla fame, dalle persecuzioni e dalla guerra cercavano di raggiungere l’Europa. Non le ha uccise la violenza del mare ma l’indifferenza di chi non vuole capire che i migranti che arrivano esausti sulle nostre coste non sono avventurieri attratti dal benessere dell’Occidente ma uomini, donne e bambini in fuga da tragedie diverse e collegate tra loro: povertà, desertificazioni, bombardamenti, deportazioni, torture. Il rapido aumento di minori spesso non accompagnati da nessun genitore ci dà la misura di una crisi che si fa sempre più acuta.

Di fronte a quella che sta diventando una routine della morte, come cristiani combattiamo quella che papa Francesco, non a caso da Lampedusa, ha chiamato la “globalizzazione dell’indifferenza”. E’ la nostra coscienza di persone che hanno conosciuto e confessano l’amore di Cristo che ci spinge a fare quanto è nella nostra capacità per proteggere le persone più vulnerabili, accoglierle in luoghi sicuri e accompagnarle nel loro percorso di integrazione in nuovi paesi. Ed è la vocazione cristiana alla pace e alla giustizia per tutti – non solo per noi! – che ci fa dire, con le parole del Segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese pastore Olav Fykse Tveit, che queste migrazioni “hanno cause profonde che noi dobbiamo assumere e combattere insieme nel nome del Dio della vita, per la salvezza dei migranti e dell’intera famiglia umana”.

E’ in questo spirito che noi, cattolici e protestanti insieme, abbiamo proposto ed avviato l’esperienza dei “Corridoi umanitari” che, sulla base di un protocollo sottoscritto con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri, hanno già portato in Italia circa 200 migranti in fuga dall’Iraq e dalla Siria. Sono persone vulnerabili e bisognose di protezione – profughi, donne sole, minori, disabili o malati – alle quali abbiamo garantito una via sicura di accesso in Europa. Lo abbiamo fatto con le nostre risorse per non pesare sul sistema di accoglienza predisposto dalle Istituzioni italiane, e ringraziamo quanti in tanti modi e in misura che non prevedevamo così alta hanno voluto sostenerci ad accompagnarci in questo servizio. E’ questo il segnale di un’Italia generosa, che capisce la gravità della situazione di chi scappa e bussa alle nostre porte, e che si sottrae ai cori di chi invoca impossibili muri o arriva a chiedere la fine dei soccorsi in mare perché potrebbero incentivare nuove arrivi.

Di fronte alla tragedia di cui siamo testimoni, i “Corridoi umanitari” si dimostrano un’alternativa possibile, sicura e sostenibile in grado di proteggere la vita e contrastare i traffici umani nel Mediterraneo. Ringraziando le Istituzioni italiane che hanno creduto in questo progetto e ci stanno consentendo di realizzarlo, in questi giorni così carichi di dolore non possiamo che rinnovare il nostro impegno perché questa buona pratica possa consolidarsi in Italia, estendersi ad altri paesi europei e diventare un vero e proprio canale permanente di accoglienza riconosciuto e realizzato a livello comunitario.

Ce lo chiede la nostra fede che ci esorta a nutrire chi ha fame e a dar da bere a chi ha sete; ce lo consentono le normative vigenti che ammettono la concessione di visti per ragioni di protezione umanitaria; ce lo impone la tradizione culturale e giuridica dell’Europa che è nata e si è rafforzata affermando il principio della tutela dei diritti umani e della protezione internazionale.