Un mondo attraversato dal filo spinato

di Marta Bernardini, Alice Fagotti, Alberto Mallardo, operatori Osservatorio di Lampedusa

Lampedusa, Agrigento (NEV), 1 giugno 2016 – Come operatori e operatrici di Mediterranean Hope a Lampedusa sappiamo solo poche ore prima che ci sarà uno sbarco. Ci organizziamo, prepariamo il tè caldo, controlliamo che le scorte di merendine, succhi di frutta, acqua e coperte termiche siano sufficienti, raccogliamo la disponibilità a recarsi al molo da parte dei volontari del Forum Lampedusa Solidale e poi aspettiamo. Una volta arrivati al Molo Favaloro non sappiamo cosa ci attenderà. Solitamente i momenti di cui siamo testimoni sono carichi di gioia e liberazione. Le persone che arrivano sull’isola, pur esauste dopo un viaggio in mare durato a volte anche giorni, esprimono la loro felicità salutandoci, baciando terra, pregando, cantando e alle volte anche ballando. Finalmente sono in Europa e per quei pochi attimi questo è quel che conta. Non pensano alla strada che ancora avranno da affrontare, non vedono i tanti muri e ostacoli che li separano dall’obiettivo migratorio desiderato. Sono contenti di essere arrivati vivi fino a questo punto.

Purtroppo non sempre le esperienze che vediamo al molo sono di questo tipo. Nella settimana passata abbiamo visto arrivare a Lampedusa i sopravvissuti alle numerose tragedie che in pochi giorni si sono consumate nel Mediterraneo. Diverse imbarcazioni, non in grado di navigare in alto mare, si sarebbero rovesciate tra le 20 e le 35 miglia dalle coste libiche. Nella giornata di mercoledì 25 maggio abbiamo portato una prima assistenza a circa 145 persone, tra le quali diverse donne gravemente ustionate e la piccola di 9 mesi rimasta orfana durante l’ultimo tratto di viaggio, arrivata insieme ad altri minori. Durante la notte tra giovedì e venerdì scorso, altre 137 donne, 18 minori e 19 uomini sono stati portati a Lampedusa. Secondo alcune fonti, oltre 800 il totale dei morti e dei dispersi e oltre 13.000 le persone soccorse su 80 barche in avaria negli ultimi giorni di traversate via Mediterraneo verso l’Italia.

Nonostante questo clima, a volte di sconforto e di lutto, insieme al Forum Lampedusa Solidale continuiamo ad incontrarci per unire le nostre energie e riflessioni in uno spazio aperto di dialogo e confronto. Diverse persone a titolo individuale, da liberi cittadini e cittadine, o riconoscendosi in una specifica realtà, decidono di riflettere insieme su quanto avviene sull’isola e organizzare eventi e attività come quella della presenza al Molo Favaloro.

Proprio ieri si è svolto un incontro molto partecipato che ha visto come ospite d’eccezione don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, che tra i diversi temi affrontati ha riflettuto proprio sulla presenza delle frontiere e dei 14.000 km di fili spinati distribuiti lungo i confini del mondo. Don Ciotti ha detto “Non stiamo vivendo solo una crisi umanitaria ma una crisi politica” e ha aggiunto “Non dico che i corridoi umanitari sono importanti, dico che sono necessari, sono fondamentali. Di fronte alla situazione di estrema gravità che coinvolge milioni di persone sulla faccia di questa terra, persone che fuggono da fame, violenze, guerre e conflitti, serve una strada efficace e veloce, che non perda tempo. Noi infatti – ha proseguito don Ciotti – siamo chiamati ad abitare questo tempo e abitarlo velocemente, perché la sofferenza, la fatica, la disperazione e la solitudine, non possono attendere. Dovremmo tutti unire le nostre forze per riuscire a graffiare le coscienze e soprattutto per chiedere a chi ha delle responsabilità politiche di trovare le soluzioni. Vediamo troppe resistenze, troppi muri, troppi fili spinati e troppi egoismi.” In tale spirito di condivisione ecumenica continuiamo quindi a promuovere il progetto dei Corridoi Umanitari della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e della comunità di Sant’Egidio, affinché questo progetto non sia l’unico esempio in Europa.