Sognando di volare

di Carla Aday, pastora della Christian Church (Disciples of Christ) negli USA, volontaria presso MH – Lampedusa

Lampedusa Agrigento (NEV), 6 luglio 2016 – Kidisti (nome di fantasia) è vestita con dei leggings con disegni floreali e una maglietta bianca forniti dall’ente gestore del centro e porta al collo una misera croce di plastica bianca. La sua corporatura minuta suggerisce un’età di circa 14 anni, ma in un inglese chiaro e preciso, dice delicatamente ma con sicurezza che lei ha 16 anni. Le ragazze che la circondano con i loro occhi rivolti a terra, di tanto in tanto le toccano le braccia per chiederle cosa dire o fare. È come la babysitter a cui qualsiasi madre affiderebbe i propri figli. In questo caso, però, Kidisti è punto di riferimento di altre ragazze adolescenti, che come lei hanno lasciato la madre e il padre, viaggiando per migliaia di miglia attraverso il deserto e il mare per cercare una vita non minacciata dalla repressione e dai conflitti.

Se fosse nata a Kansas City o a Roma, Kidisti sarebbe stata una studentessa iscritta a qualche circolo di matematica o una lettrice accanita o forse una stella del calcio. Ma Kidisti è nata nelle zone rurali dell’Eritrea, la maggiore di 5 ragazze a cui il padre contadino e la madre hanno affidato le loro migliori speranze. I loro sogni non comprendevano la coscrizione militare obbligatoria e indefinita che inizia all’età di 18 anni sia per gli uomini che per le donne, così, insieme alla zia e allo zio, ha guadagnato i 5000 $ necessari per fuggire dal paese. Ho detto a Kidisti che la sua famiglia deve avere molta fiducia in lei per spendere tutti quei soldi per farle raggiungere l’Europa e lei ha confermato dicendo “molti, molti soldi”.

Da genitore non posso immaginare di lasciar partire mio figlio in un’età in cui si è così vulnerabili. Ma io non ho mai dovuto lottare per poter esprimere la mia fede e non ho mai avuto paura di esser imprigionata e torturata senza un processo. Invece, il paese che Kidisti ha lasciato è stato descritto dalla BBC come “uno dei paesi al mondo di cui si hanno meno notizie”. Secondo l’Economist, l’Eritrea viola i diritti umani costantemente. “Triste” è come Human Rights Watch descrive la situazione. E tutti questi orrori sono esacerbati dalla mancanza di stampa indipendente e di libero accesso ad internet. Kadisti nel suo paese ha cercato la libertà. In Eritrea “non potevamo parlare dei nostri problemi”, dice. Mentre milioni di persone nel mondo occidentale si preoccupano di come i loro figli usano il loro tempo su internet, in Eritrea, secondo un report pubblicato dalla BBC nel 2013, solo il 6% ha un accesso al web.

Kidisti ha deciso quindi di lasciare la propria casa a piedi e con molta cautela ha attraversato l’Africa orientale, dove le iene possono ferirti o ucciderti. Si è avvicinata al confine con l’Etiopia avendo molta paura della polizia militare, i cui fucili possono spezzare la tua vita in ogni momento. Una volta al sicuro attraverso il confine, ha atteso in un campo in Etiopia per due mesi e lì ha imparato l’inglese. Dall’Etiopia ha preso un autobus per il Sudan e poi il passaggio insidioso del deserto. Oltre 100 persone erano stipate nel retro di un camion. La sua bocca era arsa dall’assenza di acqua e di cibo per 2 giorni. Il suo cuore è esploso – dice – quando 6 delle donne sul camion sono state stuprate. Solo dieci giorni più tardi ha raggiunto la costa della Libia. Lì Kidisti è salita a bordo, con altre 1100 persone, su un’imbarcazione alla volta dell’Italia. In realtà le barche erano due, la prima aveva un motore e trasportava 750 persone mentre la seconda portava 350 persone ed era rimorchiata dalla prima.

Ora Kidisti è a Lampedusa, una piccola isola italiana nel mezzo del Mar Mediterraneo, da molti definita la Porta d’Europa. “Quali sono i tuoi sogni?”, le ho chiesto. Il suo viso si illumina e mi dice: “Voglio studiare matematica e inglese.” Ribatto, “ma il tuo inglese è così buono!”. Con un sorriso imbarazzato, mi risponde: “Io voglio essere perfetta.” Spera di diventare un pilota, così di guadagnare abbastanza in modo da poter mandare a casa dei soldi per sostenere la sua famiglia in Eritrea. Il suo spirito coraggioso, la sua mente acuta e la sua tenera compassione mi danno speranza per il mondo. Come osiamo metterci di traverso ai sogni di questa ragazza? Così le ho chiesto se avesse un messaggio che il mondo doveva conoscere e lei mi ha risposto: “questo viaggio è troppo pericoloso. La gente non dovrebbe farlo. Dovrebbero volare”. Io penso che Kidisti dovrebbe essere il pilota!