Roma (NEV), 3 ottobre 2016 – Dichiarazione sottoscritta il 3 ottobre a Lampedusa da diversi esponenti di chiese e organismi ecumenici internazionali, riunitisi in occasione del terzo anniversario del tragico naufragio di 368 migranti a largo dell’isola. La dichiarazione è stata fatta propria dal Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).
Dichiarazione ecumenica di impegno da Lampedusa
“Quando uno straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, trattandolo come se fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi stessi. Ricordatevi che anche voi siete stati stranieri in Egitto. Io sono il Signore vostro Dio”. (Levitico 19:33-34)
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato”. (Matteo 25,35-45)
Siamo qui oggi a Lampedusa per fare memoria delle vittime del 3 ottobre 2013 quando a pochi metri dalle coste di questa meravigliosa isola del Mediterraneo morirono 368 persone.
Siamo qui perché le parole dell’accoglienza e dell’amore per chi bussa alla nostra porta sono al centro del messaggio evangelico che noi vogliamo vivere e testimoniare.
Siamo qui per affermare che esistono alternative alle morti in mare e si chiamano CORRIDOI UMANITARI; si chiamano passaggi sicuri e legali dal Nord Africa verso l’Europa.
Oggi in quest’isola, in questa chiesa e con rinnovato spirito ecumenico e interreligioso, ci impegniamo a lanciare un nuovo appello alla comunità internazionale, alle leadership europee e mondiali, alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ancora indifferenti o esitanti di fronte alle sofferenze dei migranti e dei profughi.
Siamo qui per chiedere nuove politiche migratorie affinché i nostri governi e le istituzioni europee adottino politiche di accoglienza che mettano fine alle stragi di immigrazione; alla brutalità del traffico umano; all’angoscia e alla paura di migliaia di persone che fuggono disperate da persecuzioni, guerre, violenze e fame.
Siamo qui perché ci impegniamo a vigilare sul rispetto dei diritti umani, sulla qualità dell’accoglienza ai profughi e ai migranti che avviene nei Centri e negli Hotspot presenti nei nostri territori, sull’efficacia della protezione che leggi morali e civili ci impongono di riconoscere a chi fugge da guerre e persecuzioni.
A tutti chiediamo di guardare alle migrazioni mediterranee non con gli occhi della paura e dell’egoismo ma con quelli del diritto e della solidarietà.
Lanciamo questo appello da Lampedusa perché non diventi una frontiera di nuovi fili spinati che dividono e feriscono l’Europa e l’umanità, ma affinché possa essere un luogo in cui uomini e donne di buona volontà costruiscano ponti di dialogo, di cooperazione e di pace.
È questa la preghiera che rivolgiamo al il Signore: che faccia di noi costruttori di ponti, uomini e donne che sanno aprire la loro porta e il loro cuore a chi cerca protezione e accoglienza.
In un giorno della memoria e del cordoglio è questo l’impegno che oggi, a Lampedusa, noi ci assumiamo insieme.