Lampedusa, Agrigento (NEV), 5 ottobre 2016 – “Siamo qui per affermare che esistono alternative alle morti in mare e si chiamano corridoi umanitari. Oggi in quest’isola, in questa chiesa e con rinnovato spirito ecumenico e interreligioso ci impegniamo a lanciare un nuovo appello alla comunità internazionale, alle leadership europee e mondiali, alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ancora indifferenti o esitanti di fronte alle sofferenze dei migranti e dei profughi”. E’ quanto si legge in una Dichiarazione di intenti sottoscritta da diversi esponenti di chiese e di organismi ecumenici internazionali presenti sull’isola, e fatta propria dal Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), in occasione del terzo anniversario del tragico naufragio che costò la vita a 368 migranti. “Siamo qui per chiedere nuove politiche migratorie affinché i nostri governi e le istituzioni europee adottino politiche di accoglienza che mettano fine alle stragi di immigrazione; alla brutalità del traffico umano; all’angoscia e alla paura di migliaia di persone che fuggono disperate da persecuzioni, guerre, violenze e fame”, prosegue la Dichiarazione che è stata letta nel corso della celebrazione ecumenica in memoria delle vittime del mare e di tutte le vittime dell’immigrazione, svoltasi nella chiesa di San Gerlando di Lampedusa, gremita per l’occasione. Co-promossa dalla parrocchia di San Gerlando, dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e dalla Comunità di Sant’Egidio, alla celebrazione era presente anche la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini, una coppia di rifugiati siriani giunti il 16 giugno in Italia con un regolare volo di linea da Beirut, grazie al progetto ecumenico dei corridoi umanitari, nonché una decina di eritrei sopravvissuti alla tragedia e tornati sull’isola per la Giornata del 3 ottobre. La celebrazione era presieduta dal parroco dell’isola don Mimmo Zambito e dal pastore Luca Maria Negro, presidente FCEI. Nel corso della liturgia è intervenuto anche il sacerdote eritreo don Mussie Zerai, mentre come negli anni precedenti, ha voluto essere presente l’imam di Catania, Abdelhafid Kheit.
“Nel corso della liturgia abbiamo voluto riprendere il rituale delle dodici ‘pietre commemorative’ in un duplice senso: come ricordo delle vittime del 3 ottobre, ma anche, ricordando il passaggio del Giordano (che ovviamente si ispira al passaggio del Mar Rosso e, per la generazione dell’Esilio babilonese, prefigura il ritorno degli esiliati in patria), affermare che un ‘safe passage’, un passaggio sicuro è possibile, e i corridoi umanitari sono la via per rispondere all’emergenza migratoria – ha spiegato Negro -. Ai piedi dell’altare abbiamo quindi messo dodici pietre e abbiamo concluso il momento di raccoglimento con un gesto simbolico fuori dalla chiesa, dove Francesco Piobbichi, operatore del progetto FCEI Mediterranean Hope, sul sagrato aveva disegnato il percorso del migrante: dalla partenza dalle città distrutte alla traversata del deserto fino al mare, rappresentato come un groviglio di filo spinato; disegno poi coperto da un lungo lenzuolo bianco su cui sono state poste le dodici pietre, a simboleggiare il passaggio sicuro, quel ‘corridoio umanitario’ che porta in salvo i profughi, ricordo delle liberazioni passate e prefigurazione di quelle future, possibili – ha concluso Negro – se noi ci lasciamo usare come strumenti di Dio, che è colui che opera liberazioni non costruendo barriere ma erigendo ponti”. Tutti i partecipanti alla cerimonia, più di 300 persone, sono quindi passati sulla passerella improvvisata, ritrovandosi poi in un grande cerchio sulla piazza antistante la chiesa, per ricordare le vittime del 3 ottobre ma anche per dire che una via d’uscita è possibile.
3 ottobre. Commemorazione ecumenica per le vittime dell’immigrazione a Lampedusa
“No ai morti in mare – sì ai corridoi umanitari”. Sottoscritta una dichiarazione d'intenti