USA. 500 leader religiosi sostengono la protesta di Standing Rock

I nativi del Nord Dakota contro un oleodotto che mette a rischio le riserve di acqua potabile

Roma (NEV), 16 novembre 2016 – Le comunità di fede statunitensi sono state chiamate a raccolta lo scorso 3 novembre dal pastore episcopaliano John Floberg per sostenere la protesta dei Sioux della riserva di Standing Rock (Nord Dakota) contro la costruzione di un oleodotto che attraverserà il fiume Missouri, mettendo a rischio le riserve di acqua potabile della zona. “La costruzione dell’oleodotto che non soltanto limiterà l’accesso all’acqua potabile alle comunità indigeni ma inquinerà anche il fiume Missouri, è una chiara violazione del diritto all’acqua”, ha affermato Dinesh Suna, coordinatrice della rete ecumenica per l’acqua del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), tra gli oltre 500 esponenti religiosi che hanno risposto all’appello. La manifestazione del 3 novembre ha visto i partecipanti incontrare gli anziani delle nazioni indiane, pregare insieme e protestare pacificamente. “Da quando ho lanciato il mio appello si sono verificati molti episodi di violenza ai quali certamente noi non vogliamo contribuire”, ha detto Floberg denunciando la reazione apertamente repressiva delle autorità, con la polizia schierata in assetto antisommossa. Significativamente, i religiosi si sono recati anche presso il ponte di Blackwater dove lo scorso ottobre sono stati arrestati 141 manifestanti.
La costruzione dell’oleodotto, il cui nome ufficiale è Dakota Access Pipeline (DAPL), è stata affidata alla texana Energy Transfer e dovrebbe collegare dei siti estrattivi di petrolio nel Nord Dakota alle raffinerie dell’Illinois con un percorso di 1172 miglia. Oltre ai problemi relativi all’approvvigionamento dell’acqua, le imponenti tubature dovrebbero passare attraverso il Sundance Ground, un territorio sacro alle nazioni Sioux, Arikara, Mandan e Cheyenne settentrionale. “L’identità e la spiritualità delle popolazioni indigene sono strettamente legate alla terra e agli antenati. Il DAPL costituisce non solo una profanazione di luoghi sacri ma una violazione dei diritti dei nativi”, ha commentato Katalina Tahaafe-Williams, responsabile esecutiva del programma per la missione e l’evangelizzazione del CEC.