Roma (NEV), 21 febbraio 2017 – Si è aperto stamattina con una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati la diciannovesima edizione di “Semi di Pace”, un progetto promosso dalla rivista “Confronti” con il sostegno dell’8 per mille valdese e metodista. “Semi di Pace nasce e vive per raccontare la complessità del Medio oriente – ha spiegato ai presenti il direttore del mensile Claudio Paravati – per questo ogni anno portiamo in Italia la testimonianza di persone che vivono il conflitto arabo-israeliano, donne e uomini che proprio alla luce delle loro ferite non hanno rinunciato a coltivare semi di dialogo”.

“Una contro-narrativa offerta a scuole, università, media ed opinione pubblica, in un’Europa dove monta il pregiudizio e l’islamofobia”, ha aggiunto l’onorevole Khalid Chaouki, nelle vesti di “padrone di casa”. “Davvero siamo grati a ‘Confronti’ per questa importantissima testimonianza, che dal mio punto di vista assume anche un significato politico”, ha concluso il deputato.
La delegazione di quest’anno è composta da quattro donne, due israeliane e due palestinesi. Rimarrà in Italia dal 20 al 25 febbraio, portando il proprio racconto non soltanto a Roma, ma in diverse scuole ed istituti del paese, da Firenze a Torino passando da Arezzo e Piombino, e poi fino a Lugano in Svizzera. In qualità di media partner del progetto, l’Agenzia NEV propone una breve descrizione dei volti di questa preziosa semina, partendo dalle parole con cui Tamara, Najwa, Orna e Shata hanno presentato loro stesse ai giornalisti che hanno affollato la sala stampa della Camera.

Tamara Rabinowitz, nasce a Londra ed emigra in Israele nel 1960, dove diventa insegnante di inglese. Ha perso suo figlio Idor in Libano nel 1987 e per questo è membra attiva del Bereaved Parents’ Circle Families Forum (PCFF), luogo d’incontro e di riconciliazione per famiglie israeliane e palestinesi colpite dal conflitto.
“Sapevo che sarei sopravvissuta al dolore della morte di mio figlio. Il problema era capire come: rinchiudendomi nella mia rabbia o scoprendo che anche dall’altra parte c’erano genitori che piangevano i loro figli. E’ compito nostro, di chi ha pagato il prezzo più alto a questo conflitto, spiegare ai ragazzi israeliani che non ogni palestinese è un terrorista, e ai ragazzi palestinesi che non ogni israeliano è un soldato pronto a colpirti”.

Najwa Saadeh, palestinese di Betlemme. Ha perso sua figlia Christine nel 2003, perché l’esercito israeliano ha aperto il fuoco sulla macchina dove si trovava insieme alla sua famiglia. Anche Najwa è membra del PCFF.
“Un mese dopo la morte di nostra figlia minore abbiamo ricevuto una telefonata da un israeliano che ci invitava a una riunione di Parents’Circle. Avevamo ancora addosso i segni dell’attacco subito, mio marito con 10 pallottole in corpo, io ancora coperta delle cicatrici di innumerevoli schegge, mia figlia maggiore ferita al ginocchio. Oggi il nostro unico obbiettivo è fermare lo spargimento di sangue in corso”.

Orna Akad, commediografa e pubblicista, vive a Tel Aviv con la sua famiglia “mista”. Al centro dei suoi lavori le società arabo-palestinese e israeliana: i due mondi a cavallo dei quali vive.
“Sono israeliana e sono sposata con un palestinese da oltre vent’anni. Abbiamo un figlio e una figlia, viviamo a Tel Aviv. Non dico e non ho mai detto che la nostra vita sia facile, perché visto dove viviamo è stata ed è ancora oggi piena di difficoltà. Dovunque vado racconto però volentieri che una famiglia come la nostra è possibile”.

Shata Bannousa, palestinese, volontaria del Bethlem Fair Trade Artisans (BFTA), un progetto che valorizza e mette in rete il lavoro artigianale di donne e uomini israeliani e palestinesi.
“Oggi noi siamo qui, due donne palestinesi insieme a due donne israeliane. Questa però non è la normalità che viviamo a casa nostra: è raro che un incontro del genere possa avvenire in Israele o in Palestina. Non si vede tutti i giorni. Noi sappiamo che le donne israeliane che lottano per la pace sono una minoranza, ma riponiamo la nostra fiducia in loro e insieme a loro lottiamo, consapevoli che queste minoranze proteggono i palestinesi più di quanto a volte non sappiano fare i palestinesi stessi”.
Per maggiori informazioni relative al progetto e al programma dei prossimi giorni visita www.confronti.net