L’emozione della giustizia

di Marta Bernardini, operatrice di Mediterranean Hope

Roma (NEV), 31 maggio 2017 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “lo sguardo” arriva da Berlino e Wittenberg, dove in occasione del recente “Kirchentag” degli evangelici tedeschi, MH era presente.

Lo sguardo si rivolge alla folla davanti a me. A Wittenberg, sotto un inaspettato sole cocente, ci ritroviamo in 120.000 persone per il culto di chiusura del Kirchentag 2017, anno di celebrazione dei 500 anni della Riforma, svoltosi a Berlino dal 24 al 28 maggio.

La celebrazione inizia alle 12, ma prima un breve spazio viene lasciato per Mediterranean Hope e per SOS Méditeranée (Ong che opera nel recupero e salvataggio di migranti in mare), e che insieme a noi è stata l’organizzazione scelta come destinataria della colletta del culto.

Mentre sto per salire sul grande palco penso che non sono nervosa, che ho un minuto per raccontare qualcosa a questa enorme folla di persone riunita per pregare, ma anche per condividere la visione di un mondo che come chiese protestanti vogliamo costruire insieme. Respiro, e con emozione parlo di Mediterranean Hope, dei Corridoi Umanitari e delle troppe vittime nel Mediterraneo e delle frontiere. Dopo tre anni di lavoro a Lampedusa mi emoziona ancora parlare del nostro lavoro, e spero che questo mio breve messaggio arrivi a tutte le migliaia di persone sedute sul grande prato davanti a me e a tutte quelle che ci seguono da casa.

La presenza di Mediterranean Hope al Kirchentag è stata preziosa e significativa. Oltre al culto di chiusura, abbiamo avuto l’occasione di presentare a Berlino il progetto in due conferenze, una delle quali partecipata da un pubblico ampiamente internazionale e rappresentativo di diverse realtà. L’obiettivo principale era certamente quello di illustrare cosa sta avvenendo a Lampedusa e nel Mediterraneo ma soprattutto di parlare in modo incisivo dei Corridoi Umanitari come modello alternativo, anche se consapevolmente non risolutivo, della crisi migratoria in atto. A un anno e mezzo dell’avvio dei Corridoi abbiamo portato in sicurezza e legalmente in Italia 800 persone, singoli, famiglie, che oggi vivono una nuova ripartenza, lontano da guerre, violazioni e deprivazioni. Vedo i bimbi e le bimbe tornare da scuola con i loro zainetti, felici di aver realizzato il loro più grande desiderio: tornare tra i banchi, con i loro coetanei, senza bombe e lontano da precari campi profughi. Una normalità sognata e raggiunta.

Parlare dei Corridoi Umanitari in un evento come il Kirchentag significa perseverare nella speranza che tale modello possa essere replicato in altri paesi europei. La Francia ha da pochissimo avviato lo stesso protocollo e si sta cercando una strada per attivarlo anche in un paese centrale nello scenario europeo come la Germania. La riuscita di un’iniziativa congiunta in questi tre paesi, sarebbe sicuramente un segnale politico forte.

L’emozione che sento ancora nel parlare del nostro lavoro è quella di chi ha avuto l’occasione di vedere a Lampedusa l’umanità che arriva, fragile ma determinata nel cercare un futuro di speranza. L’emozione è quella di una giovane evangelica che vede concretizzarsi, da una piccola chiesa protestante di minoranza, un progetto che sembrava irrealizzabile. L’emozione è quella di chi non si ferma davanti alle paure xenofobe, ma tenta di realizzare una visione di giustizia comune.

Mentre salgo sul palco pensando che non sono nervosa, so che a Lampedusa l’equipe di Mediterranean Hope insieme ai volontari si prepara ad accogliere chi sta arrivando dopo lunghe ore di soccorso in mare, sapendo che non tutti riescono a farcela. Penso contemporaneamente a quelle famiglie che stanno preparando le valige, decidendo cosa portarsi della loro storia e della loro terra nel paese che li accoglierà attraverso i Corridoi Umanitari. Penso che forse un minuto non mi basterà a raccontare tutto questo a 120.000 persone ma spero che il lavoro di questi anni, fatto di collaborazioni con chiese sorelle e istituzioni, ci porterà al prossimo Kirchentag a dire che anche la Germania si è aperta ai Corridoi Umanitari.