Roma. Alla conferenza mondiale sulla xenofobia i rifugiati parlano del ruolo della chiesa

Religiosi e rappresentanti della società civile, di diversi paesi e diverse chiese cristiane, sono riuniti a Roma per discutere l'urgente compito di combattere la crescente paura nei confronti degli “stranieri”

Foto di Marianne Ejdersten/WCC

Roma (NEV), 19 settembre 2018 – Migranti e rifugiati hanno partecipato alla “Conferenza mondiale sulla xenofobia, il razzismo e il nazionalismo populista nel contesto della migrazione globale”, organizzata dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (PCPCU), che si sta svolgendo a Roma, e hanno offerto una prospettiva di prima mano sul modo in cui le risposte politiche e sociali possono portare a gravi ingiustizie o costruire speranza.

Durante la conferenza è stato esplorato il ruolo cruciale che le chiese possono svolgere nel promuovere una società umana giusta e pacifica. In questo contesto, è stato esaminato il ruolo del “nazionalismo populista” e di come questo manipoli le preoccupazioni e le insicurezze della gente in particolare rispetto ai fenomeni migratori e all’identità culturale ai fini dell’interesse personale e del vantaggio elettorale. Tale paura permea i media e influenza le politiche e le opinioni pubbliche, minacciando così i valori umani e morali della società e minando il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario.

Nel suo saluto, il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), Olav Fykse Tveit, ha parlato della situazione dei rifugiati che fuggono da conflitti e violenze, cercando di trovare uno spazio sicuro: “Molti perdono la vita, ad esempio nel Mar Mediterraneo, non lontano da qui – ha detto Tveit – Questa realtà crudele e impietosa deve essere affrontata insieme da tutti coloro che hanno mezzi per farlo. Dobbiamo farlo anche per proteggerci dal diventare disumani” ha proseguito.

Il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha parlato del modo in cui la globalizzazione ha avuto un impatto negativo sugli atteggiamenti verso “l’altro” richiamando le parole di papa Benedetto XVI che nella Caritas in Veritate, aveva affermato che “la globalizzazione ci ha uniti, ma non ci ha convertiti in fratelli e sorelle”.

Il Vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (PCPCU), si è congratulato con il CEC e il Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale per l’organizzazione della conferenza: “Questa collaborazione tra la Chiesa cattolica e il CEC fa parte di quell’ecumenismo di vita e azione che Papa Francesco ha tanto incoraggiato nella sua recente visita alla sede del Consiglio mondiale di Ginevra – ed ha aggiunto che – nelle nostre società interculturali e interreligiose globalizzate, nessuna chiesa può vivere e servire in isolamento, la collaborazione ecumenica è l’unica via da seguire”.

Questo pomeriggio interverranno alla conferenza Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e Fiona Kendall, rappresentante della Chiesa di Scozia e European and legal affairs advisor per Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della  FCEI.