#SconfinateLibertà: prima gli ultimi

Proposte e dati dal convegno della Diaconia valdese (CSD)

Milano (NEV), 24 gennaio 2019 – “Si allarga il divario fra i ricchi e i poveri. L’Europa, scordandosi delle sue origini e della sua vocazione alla pluralità e all’accoglienza, tenta di trasformare il Mar Mediterraneo in un confine fra quei poveri e quei ricchi – questo uno dei messaggi emersi dal convegno “S-confinate libertà” aperto questa mattina a Milano con il saluto del presidente della Diaconia valdese Giovanni Comba -. Una politica migratoria che non apre nuove vie, sicure e legali, di accesso verso l’Europa è fatalmente destinata a incentivare le immigrazioni irregolari. Per questo chiediamo all’Europa di ampliare i corridoi umanitari aperti per la prima volta in Italia all’inizio del 2016. Condividiamo, come Diaconia valdese, la preoccupazione di molti che le recenti disposizioni di legge in materia di sicurezza, oltre a creare maggiore irregolarità, mettano in discussione i diritti espressi dall’articolo 10 della Costituzione della Repubblica… Noi continueremo con tenacia a proporre progetti e azioni a favore degli ultimi con attenzione alle loro storie, alle loro speranze e ai loro sogni”.

“L’Europa bloccata di fronte a 47 migranti sulla Sea Watch è l’emblema di un fallimento – ha detto il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini -. Su questo tema nessuno è innocente. Gli slogan e i semplicismi non risolvono nulla, ma ci sono gradi diversi di responsabilità. Dire ‘prima gli italiani’ significa dire ‘solo gli italiani’. Prima gli ultimi è invece il nostro mandato, la consegna che ci ha dato Gesú”.

Il teologo valdese Daniele Garrone, anche consigliere della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), si chiede: resteremo umani? “L’idea di un’Europa democratica è stata la risposta a un secolo che ha portato milioni di morti e due guerre mondiali. Ignoranza, complicità e insipienza hanno portato alle leggi razziali. Che lezione viene dalla storia? Quale sarà l’assetto del pianeta fra 50 anni? Saremo una satrapia della Cina? Una provincia di Russia? I milioni di migranti diventeranno miliardi a causa del global warming e delle dittature? L’Occidente europeo salverà la sua anima se ricorderà i diritti inalienabili delle persone”. 

Fra i temi del convegno, le politiche di asilo che non possono prescindere dalla riforma del regolamento di Dublino, dalle attività di ricerca e soccorso in mare, dall’apertura di vie legali e sicure, come enunciato dalla parlamentare europea  Elly Schlein, che ha rimarcato anche che “c’è già un’altra Europa, quella di volontari e operatori che seguono i principi inderogabili di solidarietà e fratellanza”.

Molti i dati emersi significativi, fra cui quelli portati dal professore e sociologo Maurizio Ambrosini: “C’è una visione ansiogena della realtà migratoria che dimentica, fra l’altro, che il vero luogo dove si nascondo i migranti sono le case degli italiani dove collaboratrici domestiche lavorano per un sistema di welfare parallelo invisibile”. 

Nei sondaggi gli italiani sovrastimano il numero di immigrati e richiedenti asilo: percezione 26%, realtà 9% “il sovranismo ha vinto prima delle menti che nelle urne” ha commentato Ambrosini. 

E sono tre le parole proposte dal prefetto Renato Saccone: “questa non è un’emergenza, se rincorriamo gli eventi saremo sempre in ritardo. Occorrono rispetto senza pregiudizi e un’elaborazione più profonda che tenga conto della complessità. Il problema non è confini aperti o chiusi, ma come governarli”. 

Dobbiamo “fare tesoro della storia per essere sentinelle del presente – ha detto Gad Lerner -. “Serve una resistenza linguistica e culturale per superare il clima di scherno che mira scientificamente a umiliazione e degradazione delle persone”.

Al convegno sono intervenuti anche Luca Di Sciullo del Centro studi e ricerche Idos, che ha rimarcato come propaganda e mistificazioni sostituiscano le azioni politiche, e Maria Silvia Olivieri, del Servizio centrale SPRAR, che ha sottolineato il valore degli “aggettivi” dell’accoglienza, che deve essere, oltre che diffusa, integrata e emancipante, prendendosi cura di una persona alla volta, con i suoi specifici bisogni, invitando a essere insieme “portatori di speranza”, citando Alexander Langer, nella tessitura di una ammirabile rete locale.