Verso il Sinodo luterano. Groeben: una chiesa laica, democratica, ecologica

Alla vigilia del Sinodo luterano che si svolgerà a Roma dal 25 al 28 aprile, l’agenzia NEV ha intervistato Christiane Groeben, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), luterana da sempre impegnata nella vita delle chiese

Roma (NEV), 23 aprile 2019 – 70 anni di Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI). Ne parliamo con Christiane Groeben, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), già tesoriera CELI e presidente sinodale nel 2008-16, alla vigilia del Sinodo luterano che si svolgerà a Roma dal 25 al 28 aprile 2019.

Vicepresidente Groeben, cosa distingue e cosa accomuna le diverse comunità CELI presenti sulla penisola?

La nostra base comune è la confessione augustana, che include i riformati di origine tedesca, svizzera e francese. Ci distingue la nostra storia, ciascuna con le sue peculiarità, dalla chiesa austriaca di Trieste a quelle che originariamente erano chiese delle ambasciate prussiane, come a Firenze, Roma e Napoli. Questa peculiarità emerge ancora nei sinodi, dove il modello federativo non fa comunque perdere l’autonomia di ciascun ente ecclesiastico.

La CELI viene istituita nell’ottobre del 1949, evento che la renderà autonoma dalla Germania e ancorata al diritto italiano. Pensa che questo passaggio storico abbia contribuito a dare un impulso unitario ai luterani in Italia?

La costituzione della CELI ha dato la possibilità di rappresentare con una voce comune le nostre chiese, sia in Italia sia all’estero. L’esigenza era anche economica, in quanto i pastori inviati dalla Germania nel dopoguerra hanno dovuto affrontare le difficoltà finanziarie, e con loro anche le comunità: chiese distrutte, persone prive di risorse, edifici da ricostruire. La Federazione luterana mondiale (FLM) poteva sostenere le chiese all’estero, ma non le singole comunità. La nascita della CELI ha consentito di venire incontro a richieste e bisogni di sopravvivenza con aiuti e sovvenzioni.

Nel 1967, la CELI co-fonda la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), che riunisce le chiese protestanti storiche presenti in Italia. Quale valore aggiunto porta, secondo lei, la scelta dei protestanti di lavorare insieme in modo federativo?

La collaborazione è cresciuta a poco a poco. La CELI viene a volte considerata una “chiesa tedesca”, invece è una chiesa bilingue in Italia. Nelle regioni autonome questa doppia veste è normale. Far parte della FCEI ci aiuta a rinforzarci a vicenda e a unire le nostre voci. Come vicepresidente sono orgogliosa delle collaborazioni che sempre più ci vengono riconosciute anche dall’esterno, come ad esempio nel progetto dei corridoi umanitari, per i quali sempre più chiese e organismi guardano a noi come modello, nonostante siamo delle minoranze.

Il pastore Jürg Kleemann ha raccontato in un’intervista il percorso che ha portato all’intesa tra chiesa luterana e Stato, accordo ratificato nel 1995 che sancisce la CELI come ente ecclesiastico italiano. Ne emerge il ritratto di una chiesa luterana aperta, di impronta laica e democratica. Se dovesse descrivere i luterani in Italia oggi, come li definirebbe?

Sicuramente ancora laici e democratici. In più, forse, ci sentiamo liberi in ambito ecumenico. A volte siamo considerati più vicini ai cattolici rispetto ad altre chiese protestanti storiche. Non abbiamo, come luterani, un passato “italiano” fatto di traumi e persecuzioni. Questo ci porta a una visione aperta al dialogo, ad esempio sul tema della separazione stato-chiesa. Per noi questa non è mai stata un dogma, e se la croce sta nelle classi o nei municipi non mi sento offesa, anzi mi fa piacere. L’Intesa con lo stato italiano ci ha consentito di dire quello che desideravamo e ci ha dato più autonomia e indipendenza rispetto al passato.

Dal 25 al 28 aprile si svolgerà il Sinodo luterano, che fra le altre cose vede una grande rappresentanza femminile. Secondo lei quali temi è importante portare all’ordine del giorno per il futuro delle comunità e della società nel suo complesso?

Titolo del sinodo è “fede e futuro”. Spesso la fede si concentra nelle quattro mura delle chiese o nel culto. Il salto di qualità è intervenire in progetti più ampi, seppur nel nostro piccolo. Parlo del tema ambientale, come ci sta insegnando Greta Thunberg, ma anche di migrazioni, accoglienza e di diaconia. Se possiamo cambiare qualcosa dobbiamo farlo senza esitare. Se abbiamo più mezzi possiamo fare di più, anche nel senso di crescere come chiese. Sono felice che ad esempio una delle nostre comunità a Verona abbia ottenuto il certificato di eco comunità in cammino avanzato dalla Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI. Potremmo provare a esserlo come decanato, come CELI, facendoci promotori come già avviene nella FCEI di percorsi che a partire da sé, dalle piccole scelte quotidiane, ci faccia essere persone e comunità attente all’ambiente e a comportamenti sostenibili per il futuro che verrà.

 

 

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La storia della CELI inizia nel secondo Dopo Guerra, su radici molto più antiche che vedono diverse comunità costituirsi da nord a sud. Per prima Venezia, comunità risalente al 1650, dove la diffusione e la stampa di testi del pensiero riformato sin dagli inizi del ‘500 avevano creato un contesto favorevole alla nascita della prima comunità luterana in Italia, anche grazie ai rapporti commerciali col Nord Europa e ai contrasti con la chiesa di Roma. Nascono quindi, nei territori dell’ex monarchia asburgica, le comunità di confessione elvetica o augustana e, sotto la protezione delle Legazioni prussiane, altre comunità: Trieste nel 1778, Roma nel 1819, Napoli nel 1826, Milano nel 1850, Merano nel 1861, e poi Sanremo, Bolzano Genova, Firenze, Torre del Greco, S. Maria la Bruna e Torre Annunziata, Ispra-Varese, le comunità siciliane con centro pastorale a Catania, Verona-Gardone, Torino.