Festival dei diritti umani. Trotta: “Pace è giustizia”

Si è chiusa lo scorso sabato la 4^ edizione del Festival dal titolo “Guerre e pace”. 4 città coinvolte, 3000 studenti e 100 ospiti nazionali e internazionali hanno dato vita alla rassegna per i diritti umani

La bandiera della pace al Festival dei diritti umani - festivaldirittiumani.it

Roma (NEV) 13 maggio 2019 – Si è chiusa a Roma sabato 11 maggio la 4^ edizione del Festival dei diritti umani, iniziata il 2 maggio a Milano. Tema di quest’anno, “Guerre e pace”; due parole che hanno percorso 4 città, coinvolgendo 3000 studenti, 100 ospiti nazionali e internazionali e numerosi partecipanti, sotto i colori di una grande bandiera della pace di 25 metri. Riflessioni, film, documentari, disegni, illustrazioni, musica hanno accompagnato il Festival. Fra i numerosi appuntamenti, ricordiamo la tavola rotonda “Le religioni possono curare le ferite delle guerre?”, un confronto a più voci con Alessandra Trotta, già presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI) e diacona delle chiese valdesi e metodiste, nonché membro della Tavola valdese, Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio, Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia.

Da sinistra a destra, Abdellah Redouane, Alessandra Trotta, Alberto Quattrucci

“Ci sono piani di intervento che coinvolgono la responsabilità dei leader religiosi. I più illuminati sono attenti a evitare quello che è accaduto troppe volte nel passato – ha detto Alessandra Trotta durante la tavola rotonda, che può essere rivista integralmente sulla pagina Facebook del Festival –. Noi cristiani per primi abbiamo creato fra di noi guerre di religioni, orrori, massacri fondati su una migliore o peggiore idea di ‘dio’ o di ‘verità’ fondata sulla fede. Con coraggio dobbiamo evitare che la religione e la fede possano essere strumentalizzate come motivo dei conflitti”.

Il tema, ha ancora affermato Trotta, è nelle agende di tutti gli organismi ecumenici e di dialogo interreligioso, contesti importanti dove “dire insieme parole per depotenziare la giustificazione dei conflitti. Per guarire le ferite, che sono morte, ferimento, distruzione, povertà, ma anche sradicamento, perdita di identità, odio, desiderio di vendetta, bisogno di verità e giustizia, occorre curare le relazioni di prossimità e lavorare alla costruzione di comunità che possano essere luoghi di guarigione e riconciliazione. Servono relazioni di fiducia, solidarietà, valorizzazione delle diverse culture, accoglienza delle diversità come ricchezza”.

Alessandra Trotta firma il manifesto del Festival dei diritti umani 2019

Fra le parole di Trotta, per la quale non c’è pace senza giustizia, una citazione di Eleanor Roosevelt, presidente della commissione dell’ONU che elaborò quella che lei definisce “una straordinaria operazione interculturale”, cioè la dichiarazione universale dei diritti umani. “Più vivo, diceva Roosevelt, più mi rendo conto che la costruzione della pace parte nei luoghi più vicini, dove si svolge la vita. La strada, la casa, gli autobus, i luoghi di lavoro. Posti così piccoli che neanche possono vedersi nelle mappe, ma dove si costruiscono relazioni sane, di pace e rispetto, per scommettere nel futuro con fiducia e ritrovare se stessi, con un progettualità di sviluppo che guarda al bene comune. Le comunità possono fare molto”.

Alessandra Trotta, Alberto Quattrucci e Abdellah Redouane hanno riflettuto insieme su temi quali la memoria storica, la libertà religiosa, le norme costituzionali, la costruzione della pace attraverso la costruzione di ponti, come ad esempio i corridoi umanitari in chiave ecumenica ed europea, il lavoro diplomatico e la formazione religiosa, il ruolo delle donne, l’esegesi e il rispetto dei diritti universali. L’incontro può essere rivisto integralmente sulla pagina Facebook del Festival.


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