Pietro Martire Vermigli e la sua “febbrile attività riformatrice”

Il professor Emidio Campi traccia un quadro storico e teologico di uno dei fondatori del protestantesimo riformato italiano ed europeo. In Svizzera un ciclo di conferenze mette in luce le storie di tre esuli italiani che hanno lasciato un segno nella riforma zurighese

Roma (NEV), 4 ottobre 2019 – Si è aperto in Svizzera mercoledì scorso il ciclo di tre conferenze “Influenze italiane sulla riforma zurighese”, promosso dalla Chiesa evangelica valdese di lingua italiana di Zurigo con il sostegno generoso della Chiesa cantonale zurighese. All’iniziativa ha dato il patrocinio l’Istituto italiano di Cultura del Consolato generale di Zurigo e hanno aderito varie istituzioni e organizzazioni italiane in Svizzera. Un pubblico attento e interessato ha partecipato al primo incontro, curato dal professore emerito Emidio Campi, che si è soffermato sulla figura di quello che lui stesso definisce uno “tra i padri fondatori del protestantesimo riformato”: Pietro Martire Vermigli.

Pietro Mariano Vermigli, ha spiegato il professor Campi nella sua relazione, nacque a Firenze 1’8 settembre 1499, un anno dopo il martirio di Girolamo Savonarola. Fu la madre Maria Fumantina a insegnargli il latino. Introdotto agli studi umanistici, Vermigli prese i voti mutando il suo nome in Pietro Martire. Intraprese studi filosofici e di patristica in diverse località italiane e nel 1525 divenne sacerdote. Nel 1526 conseguì il dottorato in teologia. Studiò ebraico e le altre lingue “caldaiche”, aramaico, siriaco ed etiopico. Si avvicinò al pensiero di Erasmo e dei riformatori transalpini, in particolare Bucero e Zwingli. Dopo una serie di trasferimenti e dopo l’accusa di diffondere idee ereticali, venne spostato a Lucca, come priore del monastero di San Frediano, dove creò quella che può essere considerata la prima scuola teologica riformata d’Italia. Minacciato, non si lasciò costringere ad abiurare le sue convinzioni e fuggì dall’Italia. Era il 1542, e papa Paolo III aveva appena istituito l’Inquisizione romana. Vermigli esule si spostò a Strasburgo, a Oxford e infine a Zurigo, animato da quella che Campi definisce una “incrollabile vocazione al ministerio dottorale” e una “febbrile attività riformatrice”. Nel 1548, a stretto contatto con l’arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer, Vermigli lavorò per convocare un concilio di tutte le chiese evangeliche d’Europa.

Del teologo fiorentino, Emidio Campi sostiene che appartenga all’umanesimo italiano e alla Riforma italiana, oltre che naturalmente alla Riforma europea. Di Pietro Martire Vermigli, lo studioso ha tracciato il quadro storico, formativo e teologico in un saggio di dieci pagine corredato da una bibliografia di oltre 50 testi per l’approfondimento. Saggio che speriamo di vedere presto in pubblicazione.

L’agenzia AISE ha osservato che “abbondano gli studi su quello che gli svizzeri protestanti hanno dato con liberalità agli italiani dal Cinquecento in qua, scarseggiano invece le ricerche su quello che la Svizzera protestante ha ricevuto dal réfuge italiano, sia in campo economico sia in ambito scientifico e culturale”. Forse proprio per questo, nell’ambito del V centenario della Riforma zurighese, la chiesa evangelica valdese di lingua italiana di Zurigo ha promosso il ciclo conferenze dedicate a tre figure di “esuli italiani che hanno lasciato una traccia caratteristica nella storia della chiesa riformata zurighese”.

La prossima conferenza (24 ottobre) vedrà Luca Baschera, docente dell’Università di Zurigo, parlare del celebre predicatore Bernardino Ochino, primo pastore della chiesa riformata di lingua italiana a Zurigo, costituitasi nel 1555. La terza e ultima conferenza (31 ottobre) sarà a cura di Stefania Salvadori, ricercatrice dell’Università di Göttingen, e illustrerà la figura di Isabella Besegna, nobildonna impegnata nel lavoro diaconale di accoglienza degli esuli.

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