Cile. Le chiese evangeliche scrivono al presidente

Una lettera aperta per chiedere che si fermi la violenza

Roma (NEV), 22 ottobre 2019 – Il CLAI, Consiglio Latino Americano delle Chiese ha inviato una lettera al presidente cileno Sebastián Piñera in cui riconosce le gravi disuguaglianze che affliggono il paese e chiede che vengano messi in atto tutti gli sforzi possibili per fermare la violenza.

Di seguito il testo integrale.

“Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio”. Lettera ai Romani 8: 19-21.

Come Consiglio delle Chiese dell’America Latina-CLAI, storico luogo di incontro delle Chiese

Protestanti ed evangelici presenti da più di un secolo in questo continente sofferto e in Cile, vogliamo far sentire la nostra voce insieme a quella di tanti fratelli e sorelle che nei nostri territori stanno raggiungendo situazioni limite.

Assistiamo al saccheggio costante in America Latina e nei Caraibi. I nostri popoli, esclusi dai diritti fondamentali, oppressi, indebitati e indignati, si stanno alzando nel disperato tentativo di fermare questo sistema che devasta il nostro continente.

L’abbiamo visto di recente a Puerto Rico, nei giorni scorsi in Ecuador e ora in Cile. Questa avanzata neoliberista, che frammenta, polarizza e trasforma tutto il bene e tutta la vita in merce, ci trascina a un ecocidio e sottoporre i nostri popoli a una lotta per la sopravvivenza, che è tutt’altro che la piena volontà di vita che conosciamo in Gesù Cristo.

Ripudiamo la violenza, siamo sicuri che non sia il giusto cammino; ripudiamo ogni violenza a partire da quella che esclude la possibilità di vita e dignità a milioni di persone.

Siamo consapevoli della lunga e difficile strada che il popolo cileno ha dovuto percorrere per ricostruire la convivenza democratica, lasciandosi alle spalle 17 anni di dittatura, guardiamo con molta tristezza e sgomento quanto velocemente si è trasformata la situazione interna in Cile diventando estremamente violenta e ingovernabile.

Ciò che è accaduto a Santiago nei giorni scorsi è una drammatica prova che la convivenza democratica non è sostenibile quando la popolazione vive quotidianamente scandalose disuguaglianze; e del rischio che corrono le autorità quando, ignorando l’estensione e la profondità del malcontento sociale, lo interpretano solo come un problema di sicurezza e ordine pubblico.

L’annuncio tardivo della sospensione dell’aumento dei biglietti della Metro non è bastato a fermare gli atti di violenza a Santiago, né a impedire di diffondersi in altre città.

Oggi sono necessari gesti molto più chiari e più convincenti che testimonino la volontà politica di ascoltare e prendersi cura delle grida di coloro che sono stanchi di sentirsi ignorati.

Facciamo appello al governo, agli altri settori politici e alle organizzazioni della società civile, per unire gli sforzi per fermare questo ciclo di violenza che non beneficia nessuno, e rappresenta anche uno spreco irrazionale di risorse in un paese gravemente colpito dai cambiamenti climatici.

Insieme alle nostre chiese sorelle in Cile, preghiamo che il dio della vita mostri il cammino per uscire da questo difficile crocevia. Ci impegniamo a partecipare come osservatori internazionali con un attento ascolto dei nostri fratelli sul territorio, e offriamo ogni contributo possibile alla mediazione per la risoluzione del conflitto, alla ricerca di percorsi di pace e giustizia.

Nel frattempo continuiamo a impegnarci “Per la vita e la dignità” nello Spirito di Gesù.