Roma (NEV/Riforma), 30 ottobre 2019 – Centinaia di migliaia di libanesi da due settimane si stanno riversando per le strade, con pacifiche e diffuse manifestazioni pubbliche, per esprimere il loro dissenso alle posizioni governative.
Il Primo Ministro Saad Hariri, riconoscendone l’ampiezza e il significato, ha annunciato ieri che presenterà le sue dimissioni dal governo.
“In quanto rappresentanti di comunità di chiese – ha affermato il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) Olav Fykse Tveit – crediamo che la giustizia, in tutte le sue forme sociali, economiche e politiche, debba rimanere centrale nella vita di qualsiasi comunità. La voce del popolo libanese attraverso la
protesta e la domanda indirizzata alla politica, è l’esempio esplicito di richiesta di giustizia”. Il CEC si unisce a questa richiesta pacifica e sprona i decisori politici presenti nel Paese a rispettare e onorare le richieste che in questi giorni giungono dalla popolazione. “Il Libano – ha proseguito Tveit – è una nazione multi-religiosa importante, la sua coesione sociale e il suo patrimonio culturale e intellettuale devono poter rimanere elementi vitali a testimonianza della pace, della speranza, e dell’unità – comunitaria – nella diversità”.
Tveit ha poi concluso, “dopo aver appreso l’annuncio del primo ministro Hariri preghiamo per il Libano, per la popolazione e per la sicurezza di tutti. Possa il nostro Signore guidare il Paese attraverso nuove transizioni pacifiche basate sul dialogo, sul discernimento comune e sulla partecipazione attiva di tutte le parti interessate per far sì che si possa plasmare un futuro di pace e giustizia”.
Sulla situazione libanese è intervenuto lunedì scorso anche Simone Scotta, coordinatore degli operatori del programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) Mediterranean Hope a Beirut, in Libano.
Leggi l’articolo: #Thawra, rivoluzione. Cosa sta succedendo in Libano