Lampedusa Convoca, bilancio di un’esperienza solidale

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Lampedusa ed è stato scritto da Claudia Vitali.

foto di Ron Dauphin

Lampedusa (NEV), 13 novembre 2019 – Dal 7 al 9 novembre si è tenuto a Palermo un incontro che ha visto protagoniste decine di realtà, associazioni e persone che negli anni sono passate a Lampedusa e che hanno incontrato il Forum Lampedusa Solidale.

Il Forum nasce nel 2015 come uno spazio pubblico permanente, aperto a tutte e tutti coloro interessati a contribuire alla costruzione di nuove forme di solidarietà e mutuo aiuto tra chi vive e chi attraversa l’isola di Lampedusa. Il gruppo si caratterizza per la sua dimensione collettiva e per la sua capacità di definire obiettivi e azioni comuni per l’affermazione dei diritti di tutti e tutte in un contesto di frontiera.

In un momento storico e politico così complesso sia per l’isola che per il paese intero, è nata l’esigenza di sentirsi parte di una rete più grande, di creare alleanze guardandosi negli occhi, condividendo necessità, perplessità e idee.

Lampedusa Convoca è stato il risultato dell’esigenza condivisa di un’opportunità di dibattito, conoscenza reciproca e pianificazione comune di azioni dirette.

Uno dei momenti dell’incontro “Lampedusa convoca” che si è svolto al Centro diagonale La noce di Palermo

Il programma prevedeva diverse occasioni di presentazione singola, di condivisione in gruppi ristretti e in plenaria. Dopo la prima serata di presentazione delle realtà partecipanti e dell’esperienza del Forum, il giorno successivo si sono alternati tre diversi workshop, organizzati da Mediterranean Hope, dal parroco di Lampedusa e da un rappresentante di Migrantes, in cui i gruppi erano invitati ad ascoltare, intervenire e ragionare insieme.

Abbiamo affrontato il tema della comunicazione ostile, dei discorsi di odio; il valore e la potenza della rete, del fare rete ed essere rete. Infine è stato proposto un approfondimento sul concetto più ampio e nobile di “Politica e Politiche”, proponendo un excursus storico e politologico. 

Questi tre momenti differenti sono stati la base da cui siamo partiti per proporre nuovi strumenti, azioni comuni e concrete, realizzabili nei propri territori e replicabili su scala nazionale. Il tutto con un obiettivo finale: la stesura di una dichiarazione di intenti che potesse essere più di un documento scritto; un panorama di riferimento in cui rispecchiarsi e per mezzo del quale agire. 

Eravamo tanti. Circa 50 realtà provenienti da esperienze umane e lavorative diverse che hanno permesso la creazione di un’atmosfera ricca di idee, di proposte, di dubbi e analisi su ciò che ci circonda e che spesso ci lascia inermi, privi di risposte.

Tra le tante idee, è emersa l’esigenza di assumere un linguaggio comune, fluido e facilmente utilizzabile per rispondere all’odio e al razzismo che ormai incombono nella quotidianità. Un linguaggio che abbia come punto di partenza la difesa e la valorizzazione dei diritti di tutti e per tutti, senza cadere nella categorizzazione etnica, religiosa, sociale, politica.

Abbiamo ribadito più volte la voglia e la necessità di operare nei propri territori creando alleanze, unendo le forze e le reti già esistenti per poter poi replicare modelli, iniziative, progetti su scala nazionale; per non sentirsi soli ed isolati nel proprio operato.

L’esperienza del Forum Lampedusa Solidale è stato un modello organizzativo e strutturale da cui partire. La sua informalità, la sua totale apertura e mancata struttura gerarchica sono caratteristiche sottolineate dai partecipanti come potenti ed efficaci, in un Paese in cui il settore socio-umanitario ed assistenziale è estremamente frammentato e spesso agisce in solitaria. 

I tre giorni avevano l’umile pretesa di conoscersi, di creare momenti e stimoli per il confronto  e di identificare obiettivi minimi comuni da cui partire. E’ stato l’inizio di un qualcosa che desideriamo continuare e sostenere nel tempo; un’iniezione di energia e buoni propositi per riprendere il lavoro nei propri territori con una nuova consapevolezza: non siamo soli.

Ancora una volta l’eco di Lampedusa è riuscita a vincere sulla routine, sugli impegni e sulle fatiche di tutti. La sua potenza è riuscita a radunare realtà provenienti da ogni parte di Italia e con una valigia piena di entusiasmo, di bisogno di essere ascoltati e di ascoltare per non essere schiacciati dagli orrori, dai messaggi di odio, di ostilità e pessimismo dai quali siamo bombardati.