USA. Il destino di mezzo milione di dreamers in mano alla Corte suprema

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Roma (NEV), 13 novembre 2019 – È iniziato ieri il lavoro della Corte suprema per decidere sul Deferred action for childhood arrivals (DACA), programma che tutela i cosiddetti “dreamers”, sognatori, ovvero i migranti che hanno raggiunto gli Stati Uniti da bambini, in modo irregolare. Si parla di oltre mezzo milione di giovani immigrati privi di documenti, il cui destino è in bilico. Il DACA è stato attivato da Barack Obama con un decreto del 2012 e poi revocato nel 2017 dall’attuale presidente USA Donald Trump. L’anno scorso la Corte d’Appello si era espressa stabilendo l’arbitrarietà della sospensione del programma e ora la decisione passa alla Corte suprema.

All’avvio dell’iter, diversi manifestanti, rappresentanti religiosi e attivisti si sono radunati fuori dal tribunale insieme agli stessi “dreamers”, ieri mattina, per protestare contro la volontà dell’amministrazione Trump di porre fine al DACA, che protegge i destinatari dall’espulsione e consente loro di lavorare e studiare.

La rescissione del DACA del 2017 è considerata illegale dai suoi sostenitori, che esortano la Corte a confermare il pronunciamento precedente. “L’unica casa che conoscono i sognatori sono gli Stati Uniti”, ha detto Sandy Sorensen, direttore dell’ufficio della Chiesa unita di Cristo (UCC) di Washington che ha manifestato con cartelli fuori dalla Corte, insieme a numerosi leader interreligiosi, in solidarietà con i “dreamers”, amici, vicini, conoscenti: “Sono giovani, studenti e membri della comunità che avranno e hanno già contribuito immensamente a questa nazione, con il loro coraggio, passione, intelletto, talento, visione e impegno nel servizio”. Sono circa 700.000 persone, cresciute e ormai stabilite negli Stati Uniti, arrivate nel Paese da bambini e che ora chiedono protezione permanente.

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Il DACA ha creato nuove opportunità per queste persone per accedere al loro “sogno americano”. I beneficiari del DACA hanno conseguito le patenti di guida, hanno avuto accesso a opportunità educative, all’assistenza sanitaria, a posti di lavoro più sicuri. Fin dall’inizio del DACA, nel 2012, l’UCC e altre organizzazioni religiose hanno supportato il programma come “giusta risposta alla crisi morale posta dalla possibilità di deportare membri della nostra società, senza memoria di altre radici, in un luogo a volte pericoloso e spesso sconosciuto”.

L’UCC sul suo sito denuncia la situazione e raccoglie diverse testimonianze, ricordando fra l’altro che oltre 120 organizzazioni religiose hanno presentato una dichiarazione formale a sostegno dei dreamers, mettendo insieme diverse conferenze UCC, la Chiesa presbiteriana, il Consiglio nazionale per le relazioni americano-islamiche e altre organizzazioni episcopali, luterane, ebraiche, musulmane. Le organizzazioni religiose ritengono che “la risoluzione del DACA provocherà danni irreparabili”. La decisione della Corte arriverà probabilmente in primavera, all’apertura della campagna per le elezioni presidenziali che si terranno il 3 novembre 2020.

“È tempo che il Congresso smetta di lasciare le sorti dei ‘dreamer’ e delle loro famiglie ai capricci dei tribunali e dell’amministrazione – ha dichiarato Katie Adams, sostenitrice UCC -. Questo è il motivo per cui l’UCC continua a sostenere e sollecitare l’approvazione dell’American Dream and Promise Act”.

“La nostra testimonianza è profondamente radicata nelle nostre diverse tradizioni di fede, per accogliere il prossimo che vive vicino a noi, fra noi, e per trattare loro con giustizia e compassione. Amare i nostri vicini come noi stessi. È anche una testimonianza radicata nelle nostre aspirazioni nazionali, di essere un faro di libertà e rifugio per tutti – ha concluso Sorensen –. Preghiamo che prevalga la giustizia. Preghiamo che la nostra nazione non faccia un altro passo indietro”.