8 marzo, le protestanti. La parola di Elena: “Ossitocina”

In occasione e verso la "Festa della donna" pubblichiamo una serie di brevi interviste ad alcune donne protestanti. A loro abbiamo posto le stesse (8) domande, molto poco teologiche né particolarmente femministe, per raccontare chi sono e cosa pensano. Di genere, di diritti, e non solo.

Elena Ribet, giornalista, redattrice del Nev, poetessa.

8 marzo: cosa rappresenta per te? Lo festeggi? Se sì come? Se no perché?

L’8 marzo non è una festa. È una giornata di lotta. Festeggerò quando non ce ne sarà più bisogno.
Due anni fa con le amiche abbiamo fatto sciopero totale: niente lavoro, zero lavoro di cura e domestico, zero consumi, telefono spento. Siamo state insieme a mangiare gli avanzi che avevamo nel frigo, abbiamo chiacchierato, suonato, cantato e poi tutte insieme alla manifestazione.

La donna che più ammiri. 

Riformulerei la domanda. Le donne che più ammiri. Vado per categorie. Le mamme, una fra tutte la mia. Le poetesse e le scrittrici, due fra tutte Anne Sexton e Audre Lorde; le eco-femministe, una fra tutte Donna Haraway.

La suffragetta statunitense Elizabeth Cady Stanton, alla fine del secolo XIX, con altre attiviste scrisse The Woman’s Bible (La Bibbia della donna). Qual è il ruolo della donna, nella tua religione e comunità, dal tuo punto di vista, non solo teologico quanto soprattutto per quella che è la tua esperienza personale?

Sono cresciuta in un contesto in cui era normale trovare una donna sul pulpito. Poi mi sono avvicinata a diverse spiritualità e studi, dallo sciamanesimo femminile alle ricerche di Maria Gimbutas, che ci ha fatto conoscere un’epoca pacifica ed egualitaria dell’antica Europa, o civiltà della Dea, spazzata via dai Kurgan. Penso che dovremmo ispirarci ai Moso, ai Minangkabau, ai KhoeSan, culture matriarcali egualitarie tuttora esistenti. E ai cerchi delle donne. Non si può creare comunità con strutture piramidali in cui uno solo parla e gli altri stanno zitti. Le donne sono state estromesse dalla leadership spirituale un po’ dappertutto, ma c’è ancora tempo per recuperare. Profetesse, sciamane, diaconesse, pastore, teologhe, sacerdozio femminile (in quanto universale), imam donne, e altre forme di guida e rilettura delle scritture ci sono già.

Ti sei mai sentita discriminata o sminuita in quanto donna?

Molte volte, anche da bambina. E da ragazza. Da giovanissima lavoratrice ho subito un’aggressione a sfondo sessuale dal mio capo, per non parlare delle palpatine sugli autobus, fino all’inseguimento in auto da parte di tre giovanotti su una seat ibiza, tanti anni fa. Li ho seminati, ma solo grazie al fatto che avevo fatto il corso di guida sicura con l’ex pilota Ferrari Andrea De Adamich. Insomma, la mia vita, come quella di tante altre donne, è stata uno slalom. E qui mi censuro. Per non parlare delle volte in cui sono stata interrotta o messa a tacere, perché a certi uomini piace molto sentire il suono della loro voce e sentirsi al centro dell’attenzione. Le donne, a quel tipo di uomini, piacciono quando stanno zitte.

Donne che stanno “un passo indietro”, aborto come frutto di “stili di vita incivili”: sono solo due degli ultimi episodi di sessismo che, al di là delle responsabilità di chi lo esplicita, esiste e permane nel racconto collettivo della società, sui media, nella narrazione dell’attualità. Che cosa ne pensi?

Sull’aborto, ci tengo a dire questo. Abbiamo una legge d’avanguardia, ancora inapplicata, che periodicamente subisce attacchi da gente che non l’ha nemmeno letta. Abbiamo tante donne nella professione medica (settore in cui ci sono sempre più presenze femminili, competenti, laureate prima e meglio dei colleghi maschi) che hanno iniziato a mettere in discussione i percorsi che hanno portato alla 194 e stanno smantellando i diritti all’accesso all’IVG (interruzione volontaria di gravidanza, ndr).

Nel sistema donna-embrione, per alcuni, la donna non vale niente, è mero contenitore. Ricordiamoci una cosa: mettere fuori legge l’aborto, significa che le donne abortiranno illegalmente e si tornerà a morire di aborto clandestino. Dobbiamo tornare all’abc: contraccezione, libera scelta, tutela della salute della donna. E soprattutto, basta all’alibi dell’obiezione di coscienza, dietro la quale si mascherano ben altri obiettivi. Quanto al passo indietro, lo facessero i sessisti, tornando a studiare.

Un provvedimento, politico, legislativo, o culturale, che assumeresti per migliorare la condizione femminile in Italia o nel mondo, o a livello locale.

Il lavoro domestico e di cura obbligatorio per gli uomini. Ovviamente non retribuito, intanto per i primi duemila anni, poi si vede.

Nel 2018 il movimento del #MeToo è stato nominato “persona dell’anno” dal Time. Nello stesso anno, si stima che 379 milioni di donne abbiano subito violenze fisiche e/o sessuali. È in atto un cambiamento o no?

Molti anni fa la teologa Elizabeth Green ha detto che “la violenza maschile è un problema maschile”. Non cambierà nulla finché non saranno gli uomini ad affrontare in modo serio, strutturato e trasversale il loro rapporto con la sessualità, con l’aggressività, con il potere. Mi pare che siamo ancora governati dalla trilogia “sesso, sangue e soldi”, ovviamente con tutte le sfumature: repressioni, fobie, colonizzazione dei corpi e delle risorse. In questo meccanismo, che altri prima di me hanno definito capitalismo neo-liberista e patriarcale, siamo immerse nostro malgrado anche noi donne. A volte complici ignare, a volte consapevoli.

Un messaggio per gli uomini. E uno per le donne. 

Agli uomini direi: ascoltate di più la vostra parte femminile. E alle donne: ascoltate di più la vostra parte maschile. E poi, ampliate la vostra lettura, non è possibile che si leggano solo libri e storie maschili. Qui qualche suggerimento: http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/

In generale direi… meno testosterone, e più ossitocina per tutti. Nelle scimmie, l’ossitocina facilita i processi di scambio sociale e cooperazione. Se vale per i bonobo, potrebbe funzionare anche per noi esseri umani.