Roma (NEV/Riforma.it), 2 marzo 2020 – Le notizie che giungono dal confine greco-turco e dalle isole dell’Egeo sono drammatiche.
I folli annunci da parte del presidente turco Recep Erdogan di apertura delle frontiere verso l’Europa ha portato decine di migliaia di persone, in fuga disperata dal dramma siriano e medio orientale in generale, ad accalcarsi sui luoghi di confine. Via terra sono stati accolti da gas lacrimogeni e proiettili da parte della polizia greca noncurante di colpire donne e bambini stremati (di stamane le notizie di una vittima nella regione di Evros) mentre ieri sull’isola di Lesbo un gruppo composto da locali e da esponenti delle destre ha impedito lo sbarco a un gommone partito dalle coste turche, e vi sono state gravissime aggressioni agli attivisti e ai giornalisti che stanno cercando di documentare la catastrofe in corso.
Addirittura un motoscafo ha attaccato uno di questi gommoni, staccandone il motore.
Stamane è giunta la notizia della morte di un bambino dopo che un gommone con 47 persone a bordo si è ribaltato al largo di Lesbo, a quanto pare a causa delle onde provocate da una nave di pattuglia dell’esercito greco.
Ciò dimostra ancora di più quanto sia urgente trovare una soluzione europea a quanto sta accadendo. Ma Bruxelles pare incapace di rispondere in qualsivoglia maniera, un silenzio di cui dovrà rispondere davanti alla storia.
Intanto si è concluso il viaggio di tre giorni di rappresentanti della Chiesa evangelica in Germania (EKD), di sindaci di comuni tedeschi disponibili all’accoglienza e della organizzazione Seebrucke. Dopo la visita ad Atene i delegati si sono recati sull’isola di Lesbo e di persona hanno potuto constatare la tragedia in corso. Al termine è stata resa pubblica la seguente dichiarazione:
“Questa miseria deve finire: decine di migliaia di persone sono tenute in condizioni di grave bisogno sulle isole greche, sul suolo europeo. La disponibilità ad aiutare è grande. Ci sono molte città, comuni e province, parrocchie e gruppi della società civile in Germania che vogliono aiutare qui, ma non gli è permesso. Non esiste un meccanismo europeo per la distribuzione dei rifugiati in arrivo nell’UE.
I nostri comuni, le nostre città, le nostre contee e province devono rimanere rifugio per tutte le persone che hanno diritto all’aiuto e alla protezione”.
Tali propositi sono stati riassunti nella cosiddetta “Dichiarazione di Lesbo”, in cui si chiede di intervenire subito, per la riunificazione delle famiglie, l’evacuazione immediata di tutti i minori non accompagnati, programmi statali di accoglienza aggiuntiva di rifugiati e superamento dell’accordo UE-Turchia, che “non deve costituire un modello per il sistema europeo di asilo. Chiediamo un nuovo inizio nella politica europea in materia di asilo, tenendo conto degli interessi degli Stati membri e di coloro che cercano ugualmente protezione. Sono necessari modi sicuri e legali per i richiedenti asilo e per i migranti. I piani di riforma con punti di crisi alle frontiere esterne europee attualmente in discussione in seno alla Commissione europea e agli Stati membri sono del tutto inadatti per questo. Il fatto di incarcerare le persone esclusivamente per la loro domanda di asilo viola la legge europea applicabile. È ovvio che i campi esistenti non alleviano gli stati di frontiera esterna. Al contrario, vengono creati spazi di illegalità e miseria”.
Leggi l’articolo integrale di Claudio Geymonat su Riforma.