Coronavirus. L’isolamento ci sta cambiando. Speriamo in meglio

Continua il viaggio dell’Agenzia NEV fra le chiese della penisola. Oggi parliamo della Chiesa apostolica italiana di Firenze, attraverso le parole di Giuseppina Mauro e del pastore Samuele Trebbi

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Roma (NEV), 19 marzo 2020 – L’Agenzia NEV sta continuando la sua esplorazione in tutta Italia, per farsi raccontare cosa sta accadendo nelle chiese, nelle comunità, nelle città della penisola ai tempi del coronavirus. Oggi parliamo della Chiesa apostolica di Firenze, attraverso le parole di Giuseppina Mauro e del pastore Samuele Trebbi.

Giuseppina Mauro è coordinatrice dell’Assemblea della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), membro della Chiesa apostolica italiana di Firenze e del Consiglio di chiesa. La Chiesa apostolica italiana è membro aderente della Federazione e negli anni ’80 si è separata dalla quasi omonima Chiesa apostolica in Italia.

“Siamo una piccola comunità che si riunisce la domenica per il culto, ospitata in modo ecumenico negli spazi del catechismo della chiesa cattolica di Santa Maria Ausiliatrice, nel quartiere di Firenze conosciuto come il Barco” spiega Giuseppina Mauro.

Le attività domenicali sono chiuse già dall’8 marzo, anche per tutelare il pastore emerito Mario Affuso e altre persone di una certa età che frequentano la comunità: “Come Consiglio di chiesa ci siamo consultati e abbiamo voluto proteggere innanzitutto le persone, in una situazione critica. Da qui la decisione di sospendere i culti. Io vengo da un piccolo comune di Pistoia, Agliana, dove c’è stato un morto per coronavirus e alcuni casi positivi; ora i vigili fanno controlli e le regole vengono rispettate. Parchi chiusi, nessun assembramento. Il pastore ci scrive proponendo versetti, riflessioni bibliche e culti via mail o via whatsapp. Ci sentiamo uniti anche attraverso questo mezzo, siamo distanti, ma uniti nella Parola” conclude la presidente Mauro.

Samuele Trebbi è il pastore di coordinamento della Chiesa apostolica italiana “La comunità mi ha ordinato pastore per il servizio che ho offerto alla comunità nel corso degli anni. Nella vita ho anche un lavoro secolare che mi tiene impegnato. Sono un funzionario tecnico nell’ambito delle telecomunicazioni.

La situazione a Firenze è un po’ quella che si vede dappertutto, siamo isolati nelle nostre abitazioni e i mezzi tecnologici di oggi ci danno la possibilità di rimanere in contatto. Il nostro gruppo whatsapp ci permette di sollecitarci e stimolarci anche quotidianamente con pensieri e riflessioni sulla parola del Signore e questo è un elemento che ci aiuta. In genere cerchiamo di dedicare un tempo di preghiera in contemporanea, intorno all’orario in cui di solito tenevamo il culto, cioè la domenica alle 10,30. Ci riuniamo ciascuno a casa propria per riflettere e pensare ai testi, per pregare e condividere una comunione, seppur a distanza. Prendiamo spunto da ‘Un giorno una parola’, lettura che abbiamo in comune con le altre realtà evangeliche ed ecumeniche. In questo modo ci sentiamo in comunione con tutta l’ecumene cristiana e con tutto il popolo del Signore”.

Abbiamo chiesto al pastore Trebbi come si sente e come sta reagendo la comunità:

“Ci sentiamo un po’ sospesi. Ora la situazione è complicata, quindi ci appoggiamo alle altre chiese sorelle che hanno più strumenti; inoltriamo le informazioni sul culto radio, sui culti in streaming, per mantenere vivo il rapporto fra noi e con le altre comunità. Ci teniamo in contatto telefonicamente, per un sostegno reciproco, anche in considerazione del fatto che i nostri membri di chiesa sono sparsi in un territorio molto vasto tra Firenze, Prato e provincia, Pistoia e l’area metropolitana fra queste zone.

Dal punto di vista teologico abbiamo il grande supporto del pastore Affuso la cui lucidità ci aiuta e ci raggiunge con suggerimenti di speranza. Non andremo avanti a oltranza, l’emergenza finirà, e torneremo per passi a una ‘nuova normalità’ nella quale ci troveremo a fare domande e riflettere sul senso di quello che stiamo vivendo adesso”.

Come si immagina il futuro?

Questa emergenza rappresenta un grande disagio, ma anche un’opportunità di recupero di rapporti familiari, di confronto, di approfondimenti. L’isolamento forzato ci costringe a riflettere sui significati della nostra esistenza e, dopo, nasceranno istanze in tante direzioni.

Siamo in attesa di uno sviluppo, di una crescita insieme alle chiese valdesi e metodiste che ci permettono di condividere una certa comunione e di poter attingere a risorse che per noi sono un sostegno nella comunione fraterna, ad esempio i materiali che sono messi a disposizione e che ci fanno guardare avanti con fiducia.

Dobbiamo cercare di ripartire correggendo gli errori che ci siamo portati dietro fino adesso, nelle relazioni, nell’ambiente. Tornare migliori di prima, con nuova spinta e nuove possibilità, costruendo qualcosa di buono. Siamo forzati all’isolamento, a passare del tempo in famiglia, e questo ci sta cambiando. Speriamo ci dia un insegnamento, che ci possa aiutare a essere migliori domani, anche nella quotidianità, con l’aiuto del Signore. E noi dobbiamo fare la nostra parte”.