Coronavirus. Decretato coprifuoco in Ecuador

Le chiese sono preoccupate per la situazione nel paese andino nel quale il coronavirus si somma ad una situazione di vulnerabilità di larghe fasce della popolazione. Intervista al pastore Felipe Adolf

Roma (NEV), 25 marzo 2020 – Il coronavirus ci ha messo due mesi per arrivare in America latina. Il primo caso di contagio risale al 26 febbraio in Brasile e la prima morte è avvenuta in Argentina due settimane dopo. La curva dei contagi, che si sta innalzando velocemente, non è però omogenea perché le misure di quarantena e di isolamento sociale sono differenti nei diversi paesi e sono state adottate in date diverse.

In Ecuador il numeri del virus, alla giornata di ieri, 24 marzo, contavano 27 morti, 1.082 contagiati, 1.311 casi sospetti.

Il sindaco di Quito, Jorge Yunda, in una conferenza stampa virtuale ha chiesto ai cittadini che, chi è in grado di donare cibo, lo faccia, per rifornire le persone in situazioni di vulnerabilità nei vari municipi della città.

Proprio nella giornata di ieri sono state rese più severe le misure di contenimento ed è stato decretato un coprifuoco dalle 14:00 alle 05:00 a partire da mercoledì 25 marzo.

L’Agenzia NEV si è messa in contatto con Felipe Adolf, pastore della Chiesa evangelica luterana in Ecuador ed ex presidente e segretario del Consiglio latinoamericano delle chiese che ha espresso una “forte preoccupazione per quei settori della società più vulnerabili che hanno problemi di sopravvivenza”. 

Secondo la Encuesta Nacional de Empleo, Desempleo y Subempleo (ENEMDU), del dicembre 2019, elaborata dall’Istituto nazionale di statistica ecuadoriano il tasso di povertà a livello nazionale è del 34,2%. 

“Il governo e le chiese stanno cercando di alleviare queste situazioni distribuendo kit alimentari – ha detto Adolf -. Poiché non possiamo uscire di casa sono la polizia e l’esercito a trasportare il cibo alle famiglie e alle persone indicate, ma come potete immaginare è difficile vedere i risultati. Le chiese stanno cercando di mantenere i contatti con le persone a loro vicine per fare fronte alle necessità più urgenti distribuendo sia cibo che denaro in contante, 20 dollari, in modo che ognuno posso acquistare ciò di cui ha bisogno”.

ll pastore Adolf ha espresso anche molta preoccupazione per la situazione dei migranti, in particolare quelli venezuelani, che vivono nel paese: “Dal momento che non usciamo, non so cosa succede alle migliaia di venezuelani che già ‘normalmente’ vivevano per strada, dormendo all’aperto e vendendo piccole cose sugli autobus. In questo momento non so come stiano facendo per procurarsi qualcosa per sopravvivere, la loro situazione deve essere molto più drammatica, a meno che non siano stati portati in qualche ricovero” ha concluso.