Big data e privacy: “Servono sforzi aggiuntivi per tutelare i diritti”

Un mese fa, poco dopo l'inizio della pandemia, l'avvocata Ilaria Valenzi, responsabile legale della FCEI, diceva che "la Costituzione è il nostro anticorpo". Oggi, dopo il prolungamento delle restrizioni e le probabili nuove disposizioni per il monitoraggio dei cittadini, abbiamo ragionato con lei sul ruolo del Garante della Privacy e i possibili risvolti in materia di diritti

Foto di Markus Spiske, da Unsplash.com

Roma (NEV), 10 aprile 2020 – Un mese fa, il 12 marzo, pochi giorni dopo l’inizio della pandemia da Covid-19 o quanto meno delle restrizioni imposte per limitare i contagi, l’avvocata Ilaria Valenzi, responsabile legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ci ricordava che “La Costituzione è il nostro più grande anticorpo”. Oggi, dopo alcune settimane, purtroppo la diffusione del coronavirus non solo continua a mietere vittime, oltre 18mila in Italia, e malati, ma impone nuove forme di restrizione delle libertà individuali.

Sul fronte dell’informazione, c’è stata, tra l’altro, la sospensione del FOIA (Freedom of Information Act), la norma che regola il diritto di accesso ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni. E sempre a proposito di enti della P.a., il “caso” del sito dell’Inps, che ha sostanzialmente pubblicato dati sensibili di alcuni utenti, nel giorno di presentazione delle domande per i bonus di 600 euro, ha tenuto banco per giorni. Ancora oggi, alcuni portali di informazione, segnalano che il sito web, nella parte dedicata a questo servizio, sarebbe “impallato”.

“I diritti fondamentali – dichiara Valenzi – come quello all’informazione, in primo luogo, e quello alla privacy, rimangono centrali nella loro tutela e resta centrale che la loro eventuale restrizione sia motivata. Il diritto alla salute prevale su tutto: ma “fino a dove metti la linea”? E in che modo? Occorre spiegarne e motivarne le ragioni, nel dettaglio: se si nega l’accesso a un servizio o a un’informazione, serve che la motivazione sul diritto ristretto sia reale. Siamo sì un paese ristretto nei diritti ma i diritti sono mobili.

Servono quindi sforzi aggiuntivi per far fruire i diritti, anche in altri modi rispetto a quelli messi in campo fino ad oggi. Se mancano gli strumenti, si devono implementare:
la strada primaria è sempre quella di mantenere “aperto” un diritto con le modalità lo Stato riesce a garantire”.
Quanto all’Inps, l’ente di previdenza ha comunicato il 3 aprile scorso di aver notificato il data breach, ovvero la violazione di dati personali, al Garante per la protezione dei dati personali. 
“La struttura informatica dell’Inps ha purtroppo mostrato tutte le sue debolezze in questo grave episodio – continua l’avvocata -, uno dei più grossi data breach almeno dall’entrata in vigore del Regolamento europeo per la protezione dei dati (GDPR), lo scorso 25 maggio 2018. Alla prima, difficile, prova, è crollato tutto e anche la giustificazione del possibile attacco informatico da parte di hacker è stata ritenuta inverosimile dai tecnici e dagli esperti. Di certo, se ne occuperà il Garante per la privacy (che ha sospeso i procedimenti pendenti fino al 15 maggio). La verità è che abbiamo una fragilità del sistema di digitalizzazione della pubblica amministrazione che non permette un passaggio a una chiave più moderna di accesso ai diritti”.
C’è poi il tema, ancora assai nebuloso, delle app per il tracciamento e il monitoraggio degli individui, per la possibile così detta “fase 2”, ovvero per verificare gli spostamenti di chi è sano e di chi è stato positivo al coronavirus.
“Quello che applicherei – spiega Ilaria Valenzi – è un principio generale per i big data: la minimizzazione dell’uso dei dati, cioè che vanno usati solo per quello a cui servono. Non si possono cedere i dati a terzi né farne un uso diverso da quello dichiarato. Ad esempio, la geolocalizzazione dei contagi deve essere usata solo ed esclusivamente con questo scopo.

In secondo luogo, è necessario che non ci sia una conservazione dei dati, cioè che non vengano create nuove banche dati: i dati vanno cancellati subito dopo l’utilizzo, bisogna dichiarare un termine per la raccolta degli stessi.

Probabilmente questo monitoraggio verrà fatto con una “app di Stato”, una applicazione per gli smartphones il cui contenuto sarà auspicabilmente vagliato dal Garante, che ha chiesto un decreto legge temporaneo, quindi chi progetterà dovrà prima passare il vaglio dell’Autorità. Un’ipotesi che mi pare sia al vaglio dei decisori è quella di far scaricare volontariamente la app: ma come facciamo a garantire la sicurezza? Probabilmente si arriverà a una scelta più stringente. Infine, un altro elemento da chiarire è se rendere il dato anonimo oppure no: anche questo è da valutare, potrebbe essere una soluzione, in modo che lo Stato possa avere a disposizione il dato ma non la possibilità di diffonderlo presso terzi”.

Quis custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori?
Ma “who watches the watchmen”, chi controlla il controllore? “Il  Garante – risponde la referente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – , che è un’autorità indipendente. Come tutte le autorità che sono state introdotte nel nostri ordinamento negli anni ’90, la loro indipendenza serve proprio a questo, a garantire che non vi sia mai un’influenza diretta da parte delle forze politiche o del governo sulle loro decisioni”.
Resta però il problema del digital divide, il divario esistente tra chi ha un accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi no. Secondo l’Istat, infatti, un terzo delle famiglie italiane non possiede un computer o un tablet.
“E’ certamente un problema – conferma Valenzi – e infatti proprio per un discorso di carenze strutturali non è possibile fare come la Corea del Sud, dove è stato applicato il tracciamento digitale. Si potrebbe però pensare, come suggeriscono alcune fonti, all’uso di una singola cella di un telefono cellulare per agganciare un intero territorio, non solo una persona, una sorta di cartografia, proprio per prendere in considerazione le persone che non hanno alcun accesso a internet, oppure usare altri strumenti, come il tracciamento dei pagamenti attraverso le carte di credito”. Un’ipotesi, quest’ultima, che potrebbe però suscitare qualche timore rispetto al “controllo” statale dei cittadini.
“Consiglio la lettura de “Il capitalismo della sorveglianza” – prosegue Valenzi – . Di certo
siamo in un contesto sociale in cui fondamentalmente c’è una rete di aziende e multinazionali che ha cambiato completamente il nostro modo di stare nel mondo, ha cambiato i nostri consumi, le relazioni, il comportamento commerciale.

La rete è diventata anche una trappola, purtroppo, per alcuni aspetti: la produzione di un dato, spesso nemmeno consapevolmente per l’utente, serve ad alimentare il business. Il cittadino produce per terzi, multinazionali etc, un bene a zero euro. Non solo, perchè non abbiamo in questo caso la materializzazione del diritto, perchè il dato non si percepisce come una cosa concreta, e troppo spesso non ne vediamo gli spazi di libertà.

Il bene principale di cui il capitalismo della sorveglianza “si nutre” sono proprio i nostri dati. Perciò proteggete i vostri dati, è l’unico modo per contrastare alcune devianze: la tecnologia non è buona o cattiva in sé, è il suo utilizzo che ne determina il carattere”.

Intanto, tra pochi giorni scadrà il secondo termine, il 13 aprile, posto dal Presidente del Consiglio per le restrizioni contro la diffusione del virus, che pare però continueranno fino al 3 maggio.

“Nella Costituzione esiste già il diritto all’uguaglianza, ricordiamolo – conclude Valenzi -. Questo significa che servono percorsi per garantirlo. Credo poi che si dovrà continuare sulla strada del bilanciamento dei diritti, dal 14 aprile o dal 4 maggio che sia, e anche oltre. Intendo dire che auspichiamo tutti che le fabbriche riaprano, ad esempio, perchè le persone hanno bisogno di reddito, di lavoro, di sopravvivere. Ma occorre che la riapertura delle attività sia fatta se e solo se in sicurezza. L’economia aspetterà: la salute prevalga, non solo per i singoli cittadini, su tutto”.

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