La necessità di costruire una chiesa nuova e un mondo nuovo

In una preghiera su Zoom, Irene Grassi nomina “positive e negativi, malati e asintomatiche, lavoratori essenziali e madri in smart-working, disoccupate e partite iva, bambine e bambini col naso schiacciato alla finestra … Non sono gli altri il nostro prossimo, ma siamo noi il prossimo per gli altri: il runner, la poliziotta, l’infermiere, lo spacciatore, la senzatetto, il presidente Conte...”

Foto Dimitri Karastelev - Unsplash

Roma (NEV), 27 aprile 2020 – Alla fine del “culto via Zoom” (ZoomWorship) di ieri, dopo la predicazione del presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Luca Maria Negro, e della pastora Dorothea Mülller, membro della Tavola valdese, i quasi trecento partecipanti hanno potuto condividere alcune preghiere. Fra queste, segnaliamo l’invocazione di Irene Grassi, membro della chiesa valdese di Pisa, che nella vita si occupa di comunicazione e raccolte fondi.

“Dio d’amore,
vieni a trovarci nelle case da cui non possiamo uscire – o da cui ci affacciamo rapidi, guardinghe, col volto coperto.

Vieni ad abbracciarci una per uno, positive e negativi, malati e asintomatiche, lavoratori essenziali e madri in smart-working, disoccupate e partite iva, bambine e bambini col naso schiacciato alla finestra.

Vieni a raccoglierci dal divano, o dal pavimento, stringici forte le mani, scuotici, soffia.
Fioriscici dentro.

Vieni a sederti nelle nostre bolle da un metro e ottanta e preparaci per quando, tra non molto, incontreremo i glicini ormai sfioriti, e i nostri simili, a distanza di sicurezza.

Vieni a tirarci i capelli quando ci dimentichiamo che non sono gli altri il nostro prossimo, siamo noi il prossimo per loro: il runner, la poliziotta, l’infermiere, lo spacciatore, la senzatetto, il presidente Conte.

Vieni a scompaginare le nostre Bibbie e mostraci la Parola che pensavamo di sapere. Vieni a prenderci per mano e portaci fuori, a combattere l’ingiustizia, la violenza, la sopraffazione, e poi la solitudine, l’angoscia, il dolore, nel rispetto della distanza fisica, e perciò con più forza, con più audacia, con più fermezza.

Vieni a sederti al nostro posto in chiesa, quando torneremo in chiesa, così da costringerci a vagare alla ricerca di un posto nuovo; così da convincerci alla necessità di costruire una chiesa nuova, un mondo nuovo, un assaggio – del tutto migliorabile! – di quel giorno che arriverà il Tuo Regno, quando saremo, finalmente, guarite/i.

Fino ad allora, che il Tuo Spirito ci guidi, e trapassi ogni mascherina”.

Particolare delle vetrate di Paolo Paschetto nella chiesa valdese di piazza Cavour a Roma